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Quanto durerà ancora la politica monetaria ultra-accomodante della Banca Centrale Europea che dalla fine del 2013 ha permesso all’economia dell’area euro di mettere a segno una lunga fase espansiva e creare oltre 10 milioni di posti di lavoro?
Se vi erano ancora dei dubbi, l’ultima riunione del consiglio direttivo della Bce li ha spazzati via tutti: le misure in essere rimarranno per tutto il tempo necessario e anzi il consiglio direttivo guidato fino al 31 ottobre da Mario Draghi è pronto per far ulteriore ricorso alla sua “scatola degli attrezzi” per assicurare che “l’inflazione continui stabilmente a convergere su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine”.
Perché l’obiettivo dell’inflazione è tanto importante? Perché con una crescita dei prezzi attorno al 2% le imprese sono incentivate a investire per aumentare la produzione e i consumatori, che di riflesso ottengono anche un aumento dei salari, sono incentivati a comprare prima i beni desiderati perché sanno che se attendono questi poi avranno un prezzo maggiore. In una fase di chiaro rallentamento economico, la Bce ha dunque ribadito di essere determinata a mantenere il piede sull’acceleratore dello stimolo economico e a questo fine ha ribadito la propria decisione di mantenere i tassi di interesse sui livelli attuali, cioè lo zero, “almeno fino alla fine dell’anno”.
Rimane anche in vigore un’altra misura adottata ormai da oltre 4 anni dalla Bce per indurre le banche a fornire credito alle imprese. Le banche che parcheggiano il loro denaro presso lo sportello Bce anziché impegnarlo in investimenti e credito devono infatti pagare un tasso di interesse dello 0,4% alla stessa banca centrale. Questo tasso negativo sui depositi suscita da tempo forte opposizione soprattutto da parte delle banche tedesche ma sino ad ora la Bce non è apparsa intenzionata a tornare sui suoi passi. Anzi nel corso dell’ultima riunione Draghi ha lasciato intendere che il tasso negativo potrebbe anche essere aumentato in considerazione degli effetti positivi che questa misura ha sull’economia ma ha anche aperto la porta all’adozione di misure per attenuare l’impatto negativo sulle banche che rimangono comunque la cinghia di trasmissione vitale della politica monetaria all’economia reale. Sempre per favorire la concessione del credito a imprese e famiglie, la Bce ha inoltre deciso a marzo di reintrodurre, a partire dal settembre di quest’anno e fino a marzo 2021, le aste Tltro a lungo termine, ovvero aste in cui le banche ottengono finanziamenti a condizione che li usino per concedere prestiti e mutui e non per altri scopi come ad esempio comprare titoli sovrani da tenere a portafoglio.
La Bce è dunque pronta a far pieno uso dei suoi strumenti ma questo non significa che veda nero sulle prospettive dell’economia dell’eurozona. Come ha dichiarato Draghi, l’attesa di fondo è che il rallentamento in atto possa sì durare ancora qualche mese e prendere tutto il resto del 2019 ma che poi in prospettiva debba cedere il passo a una riaccelerazione del passo di marcia. Le possibilità di recessione rimangono “basse” ha detto Draghi e solo in alcune occasioni a una fase di rallentamento dell’economia ha poi fatto seguito un’entrata in recessione vera e propria. Nella maggioranza dei casi invece dopo la frenata la locomotiva è tornata a correre: certo dipende molto da diversi fattori esterni, come l’incertezza legata alla Brexit e la politica commerciale di Trump che insiste con le minacce di sanzioni contro i principali partner commerciali degli Stati Uniti. Tutti fattori che la Bce continuerà a monitorare con attenzione pronta ad adottare le contromisure del caso.