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Brexit or not Brexit?

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28 Marzo 2019

American Express

A quasi tre anni dal referendum del 23 giugno 2016, il Regno Unito rimane fortemente diviso sulle modalità di uscita dall’Unione Europea, ovvero il più grande blocco commerciale del mondo.
 
Sembra sempre più probabile che si giunga ad una Brexit più soft e che si possa ritardare fino al 2021, mentre è meno probabile che il Regno Unito possa ancora uscire dall’UE nelle prossime settimane o mesi specialmente dopo che John Bercow, lo speaker della Camera – una carica equivalente al nostro presidente della Camera – ha deciso che il governo non può riproporre per la terza volta al voto il medesimo accordo già bocciato due volte.
 
Prima di chiamare il Parlamento a un nuovo voto, dunque, il governo deve concordare con Bruxelles condizioni che siano effettivamente diverse da quelle già esaminate e bocciate da Westimister e questo è tutt’altro che facile considerato che l’Europa a 27 deve esprimersi all’unanimità e che la posizione prevalente è che l’accordo già siglato con la May è l’unico possibile. Se il governo di Theresa May spera dunque di riuscire a completare l’iter dell’uscita dalla Ue entro il 30 di giugno (la nuova data di riferimento considerato che l’uscita senza accordo il 29 di marzo è stata bocciata dal Parlamento), appare dunque sempre più probabile che si vada incontro a una dilatazione dei tempi che i fautori della Brexit temono possa tradursi in un rinvio sine die.
 
Per l’Europa e per le imprese del continente questo sviluppo minaccia di portare ulteriore incertezza anche perché Londra non sembra intenzionata a indicare con chiarezza quale linea strategica intende seguire. La May continua a giocare su due binari, sperando da una parte in una improbabile conversione del parlamento britannico al suo piano nel giro di poche settimane e dall’altra usando lo scenario di un lungo rinvio non tanto per pensare a una soluzione alternativa quanto per spaventare i fautori della Brexit e indurli a votare il suo accordo se non intendono veder annullato il risultato del referendum del 2016.  L’ipotesi che sembra prevalere per il momento sui mercati è che il Regno Unito opterà per negoziare una Brexit “soft”, che permetterà di avere quindi un periodo di transizione in cui le due parti potranno proseguire le trattative sui dettagliati accordi commerciali, accordarsi sulle percentuali di condivisione delle risorse o sull’accesso ai servizi. In questo momento, l’unica strada percorribile per raggiungere un periodo di transizione è tuttavia quella di sostenere l’accordo della Premier May che ha davvero pochi sostenitori convinti.
 
L’incertezza legata alla Brexit non è tuttavia l’unica a caratterizzare l’attuale fase geopolitica. Nonostante le ripetute manifestazioni di ottimismo da parte della Casa Bianca infatti anche il raggiungimento di un accordo commerciale tra la Cina e gli Stati Uniti continua infatti a essere rimandato. E questo stato di incertezza sta pesando significativamente sull’andamento del commercio globale che ha registrato una frenata significativa andando a pesare su economie fortemente orientate alle esportazioni come quella tedesca in primis ma anche in subordine anche quella di paesi come l’Inghilterra, la Germania e la stessa Italia.  Insomma, i cieli per il momento rimangono ingombri di nuvole e per chi produce queste sono condizioni tutt’altro che ottimali.
 
Resta solo da sperare che la Brexit si risolva, per un verso o per l’altro, e che alle dichiarazioni di ottimismo del presidente Trump seguano prima o poi anche fatti concreti.

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