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La Brexit è diventata realtà. Dal 1° gennaio 2021 i nostri cugini inglesi sono diventati parenti più lontani, anche se geograficamente restano vicini. Questo significa che le relazioni commerciali tra l’isola di Sua Maestà e il Vecchio Continente sono ancora essenziali, per entrambi, e malgrado la brusca rottura vale sempre il vecchio adagio “business is business”. Nonostante una variazione annuale importante del 13,2% tra il 2020 e il 2019, il valore del solo export dall’Italia al Regno Unito si attesta ancora sopra i 20 miliardi di Euro. Una cifra tutt’altro che trascurabile. È pertanto un imperativo per le aziende, specialmente per le PMI, rendersi conto dello scenario attuale per iniziare ad implementare possibili strategie di difesa in risposta a mutamenti negli assetti e nelle relazioni tra la Ue e la Gran Bretagna che dobbiamo comunque aspettarci.
Come la Brexit potrebbe influenzare i rapporti commerciali
Scongiurato il pericolo di un no deal sulle modalità di uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, la discussione si è spostata sul piano pratico degli accordi commerciali bilaterali, da ridiscutere daccapo. Verosimilmente, l’accordo verrà raggiunto sulla base di una no tax area, che manterrà in sostanza invariati gli accordi pre-Brexit. Tradotto, non ci sarà una guerra doganale tra le due sponde della Manica. Questo però non vuol dire che il business è al sicuro per tutti, anzi. Entro il 2021, il Regno Unito cercherà di firmare accordi commerciali bilaterali con Stati Uniti, Nuova Zelanda e Australia innanzitutto. Si prefigura quindi uno scenario più “mondiale” per il mercato inglese e una bilancia dei rapporti che si potrebbe spostare maggiormente in favore di una o più delle ex colonie, a discapito delle aziende europee (si veda il -13,2% cui si accennava sopra, benché dipendente in parte dalla crisi sanitaria ed economica attuale). Nel medio termine, questa diminuzione dei rapporti commerciali potrebbe consolidarsi principalmente a causa delle fluttuazioni del valore delle monete di ciascun paese coinvolto. Infatti, l’indebolimento progressivo del Pound (GBP) nei confronti dell’Euro spinge gli investitori che hanno portafogli in GBP a vendere finché conviene, per poi reinvestire di nuovo in GBP con un costo del denaro inferiore. Aggiungeteci l’indebolimento nei confronti del Dollaro ed ecco che la tempesta perfetta per le aziende dell’area Euro è servita.
Disperarsi o cercare contromisure?
Al di là degli eventuali interventi della Banca Centrale Europea, cosa può fare una piccola-media impresa italiana per difendere i propri investimenti in questo momento storico? Le opzioni sul piatto sono tante. Le previsioni sull’indebolimento del GBP nel 2021 potrebbero indurre ora gli importatori inglesi a cercare di difendere il loro business tramite accordi di lunga scadenza, pagamenti in cambio moneta, pagamenti immediati o preordini più massici (e possibilmente più di una di queste azioni insieme). Dal versante italiano, quindi, è importante cercare di difendere i propri investimenti per non ridurre gli utili sul lungo periodo, anche considerando i possibili shock che la variazione dei costi della logistica potrà portare (sia per cause naturali, che per nuovi accordi sulla produzione da parte di OPEC e OPEC+).
Per farlo però, è fondamentale riuscire a sfruttare quelli che sono gli attuali i punti deboli nei rapporti commerciali con le isole britanniche.
Order now, pay later
La strategia più aggressiva è quella di cercare di siglare contratti commerciali di medio periodo con pagamento dilazionato nel tempo a un tasso non fisso. È una tattica a suo modo rischiosa, perché parte dal presupposto che il GBP tenderà a indebolirsi nei confronti dell’Euro sul 2021. Il pericolo è una caratteristica innata del mondo degli affari: tuttavia, legare il proprio business alle fluttuazioni dei mercati monetari in questo momento sembra una buona idea per chi usa l’Euro come moneta. Le controindicazioni di questa strategia riguardano principalmente i possibili accordi bilaterali che il Regno Unito cercherà di siglare con le ex-colonie. Nel caso in cui si creasse, per esempio, una no tax area tra Gran Bretagna e Stati Uniti, questo darebbe vigore alla GBP e farebbe pendere la bilancia commerciale dal lato inglese. Altra incognita è data dal comportamento della Bank of England, ora che si trova slegata dai vincoli imposti dalla BCE in termini di immissione di moneta. Lo scenario più favorevole in questo caso sarebbe un’immissione di denaro che porterebbe a un calo del valore del GBP e al rafforzamento dell’Euro. In questo caso, per una PMI italiana sarebbe fondamentale garantire prima gli ordini per essere sicuri di non perdere le quote di mercato del proprio bene o servizio esportato. Tutto al contrario, invece, per gli importatori: la prospettiva di un calo del valore del GBP potrebbe rendere molto più conveniente acquistare beni e servizi col passare del tempo, e questa tattica, quindi, potrebbe essere applicata anche per chi importa.
Tasso fisso conveniente
Ipotizzando un calo del GBP e un naturale desiderio di minore esposizione da parte delle aziende inglesi, si potrebbe cercare con la controparte un accordo che non scontenti nessuno. Significherebbe siglare oggi un contratto di medio termine a un tasso di cambio che convenga a entrambi: l’ideale sarebbe leggermente superiore all’attuale soglia di decrescita del valore del GBP in prospettiva sul 2021. In questo modo, si manterrebbe la quota di mercato, riuscendo a non erodere i propri utili e a soddisfare le esigenze della controparte. Questa strategia è decisamente meno rischiosa, ma presuppone che dall’altra parte ci sia un interlocutore disposto ad ascoltare.
Aprire un conto in GBP
Un’altra alternativa può essere quella di aprire un conto corrente in GBP in cui riversare i pagamenti ricevuti dalla Gran Bretagna. Questo permetterebbe da un lato di mantenere business as usual con la controparte e, dall’altro, di progettare azioni su un periodo di tempo più lungo, difendendosi da un’eventuale salita del valore del GBP fino ad arrivare, potenzialmente, a guadagnarci. Certo, questa strategia prevede un’immobilizzazione di cassa che non tutte le aziende possono permettersi, specie quelle con un basso cash flow, infatti la prospettiva sarebbe quella di tenere in mano il portafoglio in GBP fin quando il cambio con l’Euro non sarà di nuovo conveniente.
Insomma, se tanti scenari restano ancora aperti e alcuni lasciano già ipotizzare veri e propri “Big Bang” per la loro portata, è tempo di iniziare a prepararsi a navigare nell’incertezza ponendo in atto qualche strategia utile.