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Bye bye sharing economy

Varie

08 Giugno 2020

American Express

Con un sol colpo di spugna i campioni che in febbraio ancora sfrecciavano in Borsa e sui tavoli che contano con capitalizzazioni miliardarie, si sono sgonfiati: pensiamo, ad esempio, a Uber, BlaBlaCar, Lyft, Airbnb o Wework. Mentre, invece, gli stili di vita più casalinghi e meno propensi alla condivisione di case, auto o uffici, stanno facendo emergere una nuova economy, la stay at home economy, che molti analisti prevedono possa sostituire la sharing economy.  
 
 
Nella stay at home economy i big operano nei comparti dello streaming, del benessere, della tecnologia informatica e digitale, dell’e-commerce, delle attrezzature sportive. Tanto per citare cinque star di Wall Street, ecco Netflix (streaming a pagamento) il cui titolo da metà marzo (quando la pandemia ha iniziato a picchiare duro negli Usa) a metà maggio è cresciuto del 52%, oppure Zoom (piattaforma di videoconferenze) a +89% da metà marzo a inizio giugno, Peloton (attrezzature sportive) a +144% tra metà marzo e inizio giugno, o Shopify (piattaforma di e-commerce) a +156% tra metà marzo e il 22 maggio, per chiudere con Teladoc Health (telemedicina e assistenza sanitaria virtuale) a +49% tra metà marzo e fine maggio.
 
 
D’altronde, l’emergenza sanitaria è andata a stressare un trend in voga in molti giovani e giovanissimi: già verso la fine del 2019 era emerso che in queste fasce anagrafiche “lo stare a casa è il nuovo andare in giro”. La paura di contagiarsi, gli edifici scolastici chiusi con le lezioni da remoto e lo smart working diffuso hanno fatto il resto.
 
 
Insomma, gli spostamenti, perlomeno per un po’ di tempo, saranno limitati. E anche gli affitti di case su Airbnb sono fermi: la piattaforma californiana, che era stata valutata 31 miliardi di dollari nel 2017, ora vale già la metà, con prospettive 2020 di ricavi pari a meno della metà di quelli del 2019, e il 25% della forza lavoro licenziata (circa 1.900 persone). Nonostante ciò, ci sono già i primi, timidi segnali di ripresa, soprattutto nell’affitto di abitazioni nel raggio massimo di 100 chilometri da quella di residenza.
 
 
Il nuovo modello post-Covid penalizza terribilmente anche il trasporto pubblico e il car sharing: in Italia, ad esempio, a maggio per gli spostamenti sul territorio i cittadini hanno usato al 61% l’auto o la moto privata, al 34,9% sono andati a piedi, in bicicletta o con altri mezzi non motorizzati e solo il 4,1% ha utilizzato il trasporto pubblico.
Bene il bike sharing: come rileva una ricerca di Deloitte, in Cina è aumentato del 150% rispetto a tre mesi fa. A rischio sono le forme più classiche di sharing economy legata al trasporto: in primo luogo il car pooling, ma anche il car sharing, settore già in via di consolidamento economico prima della crisi. Secondo il report di Deloitte, la condivisione di auto ha subito in Italia una contrazione degli utilizzi del 60% con picchi fino al 70%. Brusca frenata anche per il noleggio auto.
 
 
Anche le abitudini assunte nel periodo di picco dell’emergenza sanitaria sembra caratterizzeranno la “nuova normalità”. Ad esempio, l’e-commerce in Italia, pure dopo l’allentamento delle restrizioni, non frena la sua crescita: il trend delle vendite di prodotti di largo consumo online da lunedì 4 maggio a domenica 24 maggio, secondo Nielsen, è ancora del +178,1% sullo stesso periodo del 2019.
 
 
Insomma, il distanziamento sociale toglie un pilastro fondamentale per tutti i business della sharing economy, ma crea le basi per fare esplodere nel mondo un fenomeno già presente in maniera sensibile, ovvero quello del fare tutto da casa grazie al web e alla tecnologia (i geek in Occidente, gli otaku in Oriente), e che ora diventa un approccio di vita non più da nerd, ma quasi normale.
 
 
La stay at home economy, come illustra Ryan Lin, Research Associate Director di Ipsos, si sviluppa quindi attorno al concetto di smart working, con persone che dotano le proprie abitazioni di molta tecnologia: in questo senso si può quindi ampliare ulteriormente il business domestico legato all’ICT e più in generale alle TELCO (servono hardware, software, connessione ed anche piattaforme video). Il lockdown ha poi portato molte persone a sperimentare, magari per la prima volta, gli acquisti online, la spesa a domicilio, i pagamenti con sistemi innovativi, da quelli fatti direttamente con lo smartphone e il wallet digitale alle tradizionali carte di credito.
 
 
Infine, secondo Lin, c’è tutto il capitolo legato all’intrattenimento in casa, contenuti audio, video (e relativi device), sistemi di realtà virtuale, concerti live in streaming, fino al fitness in casa con realtà aumentata e diavolerie che mai avremmo pensato di far entrare tra le mura domestiche.

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