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Il connubio tra i big data e la National Football League (NFL), e più in generale il raccogliere sistematicamente informazioni per le attività sportive professionali, è ormai un trend ben affermato e che prosegue da anni. Già nel 2016 tutte le partite di tutte le 32 squadre della NFL erano tracciate attraverso un sistema di sensori capace di registrare le statistiche di gioco e le performance di ciascun atleta.
Ora che un’enorme mole di numeri e statistiche è stata raccolta, archiviata e analizzata, una prospettiva interessante per gli addetti ai lavori consiste nell’usare le informazioni rilevanti estratte dai dati per individuare e selezionare nuovi talenti. Proprio come accade pure in settori molto distanti dallo sport – ad esempio le assicurazioni – la visione d’insieme che è possibile ricavare da un database può diventare utile per prendere decisioni strategiche, anche quando si tratta di comprare un giocatore o di impostare la formazione da schierare in campo.
Nel caso del football americano, in particolare, l’equilibrio fisico e psicologico di una squadra di 53 elementi è fondamentale per ambire al successo, dunque un buon selezionatore deve preoccuparsi non solo delle doti e delle caratteristiche individuali, ma concepire la rosa di giocatori come un tutt’uno. Insomma, un gruppo armonico e coeso che si deve anche trovare a proprio agio con gli schemi di gioco indicati dall’allenatore.
Se i budget a disposizione delle società sportive della NFL ammontano a milioni di dollari solo per il dipartimento di raccolta e analisi dati, oggi la potenza di fuoco analitica di cui ogni team è dotato non riguarda solo i propri uomini, ma anche quelli delle squadre avversarie e pure dei più promettenti giovani universitari.
A raccontare i dettagli delle potenzialità rese possibili dalle nuove tecnologie è stato il vice presidente dei Los Angeles Rams, Kevin Demoff, in una recente conferenza alla Sloan Sports Analytics Conference organizzata dal MIT di Boston. Demoff ha spiegato che i big data consentono – se adeguatamente interrogati – di individuare i tratti nascosti di un giocatore che potrebbero dimostrarsi determinanti nel proseguo della carriera, sia per quanto riguarda le performance atletiche tout court sia per specifici tratti comportamentali, caratteriali o di atteggiamento mentale.
D’altronde, è piuttosto intuibile che un talent scout umano che osserva un giocatore solo una volta, e che si basa solo sulle proprie percezioni, non possa avere la stessa potenzialità d’analisi di un insieme di sensori abbinato a un’intelligenza artificiale ben programmata. Per ora, però, le scelte finali dipendono comunque da un essere umano, e la tecnologia è sfruttata come un modo per arricchire le informazioni a disposizione, senza però che il processo decisionale venga delegato a un computer.
Ma non finisce qui: sono almeno altri due i vantaggi ottenuti grazie all’impiego delle tecnologie d’avanguardia. Come ha raccontato David Anderson – ex giocatore dei Denver Broncos e dei Washington Redskins, oggi imprenditore nel settore dell’innovazione sportiva – un aspetto rilevante è la velocità di elaborazione dati. Una parte delle statistiche era a disposizione anche nell’era precedente ai big data, ma allora occorrevano intere settimane per mettere insieme tutto quanto, mentre oggi si tratta di operazioni che un calcolatore può risolvere in qualche secondo.
L’altro aspetto rilevante è il superamento della soggettività del selezionatore, in favore di valutazioni meno alterate da pregiudizi personali, in positivo o in negativo. Anche se, lo ribadiamo, al momento le decisioni sono ancora prettamente umane, perlomeno la fase di raccolta e accorpamento dei dati viene svolta con quella trasparenza e oggettività che solo un algoritmo può garantire, in modo che le scelte finali siano dettate da parametri uguali per tutti e non da semplici impressioni. Questo potrà significare che, all’atto pratico, in futuro vedremo in campo qualche figlio d’arte in meno e qualche sconosciuto in più, finora destinato a restare invisibile agli occhi di un selezionatore umano.
Sono molte le ragioni – economiche, geografiche e culturali – che rendono il football statunitense pioniere delle nuove tecnologie sportive. Ma è molto probabile che ben presto, tanto in altri sport quanto in altri Paesi, assisteremo all’applicazione di questi approcci hi-tech al mestiere della selezione dei giocatori. Calcio, pallavolo e pallacanestro, tanto per citare gli sport di squadra più praticati in Italia, sono pronti a un nuovo modo di scovare i talenti, con il supporto di dati e algoritmi.