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Da una recente ricerca, realizzata dal Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con ALTIS Università Cattolica, emerge che le PMI impegnate in percorsi di rendicontazione di sostenibilità osservano effetti positivi in termini di nuove linee di credito (+15%) e di ottimizzazione dei processi di pianificazione (+8,3%). Le tematiche ESG sono sempre più rilevanti, ma perdurano ancora alcune criticità
Le piccole e medie imprese italiane, che rappresentano il 41% dell’intero fatturato generato nel nostro Paese e il 33% degli occupati del settore privato, negli ultimi anni hanno dimostrato di essere sempre più attente alle tematiche ESG (Environmental, Social and Governance). Nonostante ciò, però, sono ancora poche le informazioni che mettono a disposizione in termini, ad esempio, di iniziative di sostenibilità e di best practice a livello organizzativo.
Nonostante, infatti, le PMI rappresentino la realtà principale del tessuto economico italiano, restano escluse dal perimetro di applicazione della direttiva sulla rendicontazione non finanziaria e della regolamentazione (il Decreto 254/2016) che prevede l’obbligo, solo per le grandi società con più di 500 dipendenti e un totale di stato patrimoniale di 20 milioni di euro, di redigere una dichiarazione di carattere non finanziario (anche conosciuta con l’acronimo DNF).
Scegliere liberamente di proporre un report di sostenibilità per far conoscere con più trasparenza gli impegni ESG, gli impatti ambientali, le iniziative sociali e come vengono affrontati i rischi può portare diversi vantaggi alle imprese, anche di dimensioni più piccole.
Per comprendere lo stato dell’arte, il Forum per la Finanza Sostenibile ha realizzato, in collaborazione con ALTIS – Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, una ricerca dal titolo “PMI italiane e rendicontazione di sostenibilità”, che ha coinvolto 105 aziende. Di queste, 46 hanno già avviato pratiche di rendicontazione mentre per le altre 59 sono state indagate le criticità e gli incentivi che potrebbero spingerle ad avviare questa attività.
Le principali evidenze dell’indagine
Analizzando le pratiche di rendicontazione, dalla ricerca emerge che il 30% delle PMI intervistate vede la presenza di almeno un investitore istituzionale nel proprio capitale di rischio. Di queste, più della metà (55%) rendiconta sui temi di sostenibilità. Queste pratiche ESG sono aumentate maggiormente durante il periodo più critico della pandemia da Covid-19, quando sono state registrate significative contrazioni del fatturato e degli investimenti delle piccole e medie imprese. La sostenibilità viene così percepita sempre più come una risorsa, non come un costo.
Le PMI hanno scelto di avviare o proseguire il percorso di reporting principalmente per motivazioni interne. Il bilancio di sostenibilità viene, infatti, considerato uno strumento efficace per poter esprimere valori e principi di Corporate Social Responsibility (arrivando a 3,7 punti su una scala da 1 a 4) e per raccogliere informazioni nell’ottica di definire obiettivi di miglioramento delle performance ESG (3,5). Ci sono, poi, motivazioni di carattere strategico e competitivo, come l’intenzione di migliorare la propria reputazione e la propria attrattività nei confronti di clienti e investitori (3,4).
In termini di benefici, oltre a vantaggi di tipo reputazionale, le PMI che hanno pubblicato il primo documento entro il 2018 mostrano un differenziale positivo e significativo in termini di accesso a nuove linee di credito (+15%) e un miglioramento dei processi di pianificazione (+8,3%).
La principale criticità che viene segnalata è, invece, la complessità nella raccolta di informazioni su tutta la catena di fornitura.
Cos’è il reporting di sostenibilità
Con report di sostenibilità si intende la comunicazione, da parte di un’azienda, di tutte le iniziative attivate in termine di sviluppo sostenibile, non solo in relazione all’ambiente ma anche al sociale e alla governance interna. Viene prima di tutto redatto con l’obiettivo di fornire agli stakeholder un quadro completo della performance, non solo dei risultati economici. Ma ha anche lo scopo di comunicare con più trasparenza come l’organizzazione affronta le questioni di sostenibilità e tematiche come i rischi ambientali o il sostegno a un’economia più green e con impatti positivi sulla comunità. In sostanza, quindi, oltre ai risultati prettamente economici, le aziende si impegnano a rendere conto del proprio operato a tutti i livelli.
Entrando nel dettaglio, chi sceglie di pubblicare annualmente la Dichiarazione Non Finanziaria include, ad esempio, informazioni relative alla tipologia di risorse energetiche utilizzate, all’impatto in termini di emissioni, alle iniziative avviate sul territorio a sostegno delle fasce di popolazione più deboli o per favorire la cultura, alle partnership con enti del Terzo Settore. A livello interno, invece, vengono descritte le policy per la tutela dei diritti umani o per garantire il rispetto della diversità e l’inclusione.
Esaminando, invece, i vantaggi dell’analizzare questi fattori non finanziari, tra i principali vi è la possibilità di conoscere meglio a livello aziendale come agire per semplificare i processi, ridurre i costi e migliorare l’efficienza. Ottimizzare gli impatti, inoltre, garantisce di incrementare la reputazione agli occhi del cliente. Senza dimenticare, infine, che divulgare dati collegati ai criteri ESG aumenta la valorizzazione delle imprese nei confronti degli investitori, che preferiscono sempre più finanziare chi si dimostra attento alla sostenibilità, su tutti i fronti.
A cura di OFNetwork