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Un cambio di paradigma economico si sta affacciando sul mondo dei social network. Se fino a qualche tempo fa il concetto di criptomoneta era strettamente legato alle prime due forme di valuta digitale – Bitcoin ed Ethereum – pare ormai evidente che uno degli aspetti più interessanti del denaro elettronico è la possibilità di dotare ciascuna delle grandi piattaforme social di una propria valuta. Il primo esempio in ordine cronologico è quello di Facebook con la sua ‘Libra’, anche se pare procedere a grande velocità (con buone possibilità di sorpasso durante la fase di messa a punto) la versione di criptomoneta targata Telegram, a cui è stato dato il nome facilmente riconoscibile di ‘Gram’.
A cosa servono
Data la relativa segretezza dei progetti, il funzionamento e i servizi collegati tanto a Libra quanto a Gram restano per lo più a livello di ipotesi. Di certo una delle idee di base è quella di permettere di scambiare denaro in modo indipendente rispetto ai circuiti standard, sia che si tratti di compravendite tra cittadini e aziende sia che si voglia semplicemente fare un trasferimento tra privati. In questo senso si guarda soprattutto all’universo dei micro-pagamenti, come dimostra il fatto che l’infrastruttura blockchain dietro Gram sia stata concepita per reggere milioni di transazioni al secondo. L’altro caposaldo delle iniziative di Facebook e Telegram è la volontà di rendere le criptovalute un fenomeno di massa, trasformandole da un servizio per nerd-esperti a un sistema mainstream di facile e immediata fruizione.
A che punto siamo
È notizia di ottobre 2019 che il Libra, inizialmente molto chiacchierato a livello mediatico, avanza. Al momento all’interno di Libra Association, la nonprofit che riunisce tutti gli stakeholder coinvolti, ci sono 21 membri, che includono realtà quali Uber, Lyft, Spotify e Vodafone, oltre a diversi fondi di investimento e venture capital. Il numero uno di Facebook Mark Zuckerberg è al lavoro per ottenere tutte le necessarie autorizzazioni da parte delle autorità regolatorie statunitensi, l’ultimo vero ostacolo all’arrivo sull’enorme mercato che conta oltre 2 miliardi di persone. Come tutte le rivoluzioni, anche quella delle criptovalute porta con sé alcuni elementi di criticità. Il primo sono le defezioni, che ad esempio nel caso di Libra hanno visto il numero di affiliati scendere dagli iniziali 27 agli attuali 21 dopo le critiche avanzate dal Senato statunitense. Hanno abbadonato Visa, Mastercard, Stripe, eBay, Mercado Pago e PayPal che però dichiara ancora interesse per il progetto.
Se Telegram ha certamente un’utenza più modesta rispetto a Facebook (circa 300 milioni di utenti attivi), in compenso la sua criptovaluta sembra essere molto ben avviata. Come annunciato a suo tempo, l’inizio di novembre segna la nascita uffciale di TON (acronimo di Telegram Open Network), la piattaforma blockchain destinata a ospitare anche – ma non solo – la moneta Gram. Un ulteriore punto a favore del sistema di messaggistica, noto al pubblico italiano soprattutto come rivale di WhatsApp, sono le caratteristiche della propria nicchia di pubblico, in larga parte già abituata a utilizzare altre criptovalute.
Non è un caso, infatti, che già all’inizio del 2018 Pavel Durov, titolare della piattaforma, abbia raccolto in un batter d’occhio 1,7 miliardi di dollari dagli investitori della Silicon Valley, garantendo solo quote della futura criptovaluta in cambio di denaro contante (in termini tecnici, tramite una ICO, offerta iniziale di moneta). Per dare un’idea degli interessi in gioco, all’inizio gli investimenti erano aperti solo ai grandi player del mercato, e la quota minima di partecipazione era fissata a 20 milioni di dollari.
Qualche nodo da sciogliere
Tra i nodi da sciogliere c’è la questione dell’indipendenza. All’inizio Libra era stata presentata come una realtà a sé stante e slegata da Facebook, ma poi è emerso chiaramente che, sia a livello burocratico (con sovrapposizioni tra le figure dirigenziali) sia a livello pratico, le sinergie sono molto forti. Basti pensare che a trattare con le istituzioni statunitensi per Libra è, come già accennato, lo stesso Mark Zuckerberg. Un intreccio che senz’altro è facile scorgere anche per Gram, in cui l’architetto della piattaforma blockchain (Nikolai Durov) altri non è che il fratello del numero uno dell’app di messaggistica. In questo caso, però, l’allineamento degli interessi tra social e criptovaluta è parso trasparente fin dal principio. Un altro nodo è la trasparenza e la legalità dei fondi che transiteranno su questi circuiti, preoccupazioni al centro delle critiche sollevate dal Senato Usa al progetto di Facebook.