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Da Stati Uniti e Brics la spinta al made in Italy

Smart Business

16 Novembre 2017

American Express

In nove mesi 11 miliardi in più. Lo scatto dell’export extra-Ue a settembre arrotonda il bilancio del made in Italy da gennaio, portando le vendite totali nelle aree più remote a quota 145 miliardi di euro.
Settembre, quinto mese utile consecutivo, non interrompe il trend avviato ormai da tempo (in 11 mesi solo un calo ad aprile), con vendite extra-Ue in progresso dell’8,1% su base annua, di due punti nel confronto congiunturale destagionalizzato. Risultati ottimi, e per la verità persino frenati al ribasso dalla presenza di un calendario meno favorevole, che a parità di giornate lavorative produrrebbe nelle stime dell’Istat una crescita superiore al 10%.
Un progresso costruito grazie a crescite diffuse, che in termini settoriali escludono solo l’area dei prodotti intermedi, mentre beni strumentali (+10,1%) e di consumo (+7,4%) proseguono con la velocità di crociera dei mesi precedenti.
In termini geografici le uniche eccezioni negative sono area Opec e Africa settentrionale, isolati segni meno all’interno di una lunga teoria di performance più che positive.
La novità più gradita di settembre riguarda il recupero degli Stati Uniti dopo la battuta d’arresto di agosto (-1,2%), una crescita dell’8,3% che per ora sembra allontanare i timori di un rallentamento delle nostre esportazioni verso Washington dovuto all’effetto-cambio. Dall’inizio dell’anno arriva proprio dagli Usa il contributo più robusto in termini assoluti, con vendite aggiuntive per 2,3 miliardi e una avanzo commerciale che supera i 18 miliardi di euro, il maggiore tra tutti i singoli mercati. Tra gennaio e agosto l’Italia è il nono maggiore fornitore di Washington (nel solo mese di agosto conquista addirittura la settima posizione) e dopo aver scavalcato la Francia è ora ad un passo dai volumi dell’Irlanda.
Il made in Italy può tuttavia sorridere anche guardando altrove, con aumenti percentuali ben superiori concretizzati nell’area Brics, progressi quasi ovunque a doppia cifra, che ancora una volta confermano la “fame” di importazioni dall’Italia.
La Russia cresce del 21,8%, per la Cina il progresso sfiora i 19 punti mentre l’India incrementa gli acquisti del 20,8%. I dati puntuali del Brasile arriveranno più avanti ma la crescita di 15 punti dell’area Mercosur indica che anche in questo caso la situazione dal lato della domanda interna è tornata ampiamente positiva.
Performance percentuali dirompenti che hanno però anche un peso specifico rilevante: da inizio anno in termini assoluti il contributo aggiuntivo di Pechino vale due miliardi, quello di Mosca oltre un miliardo di euro. Proiettando a fine anno il trend 2017 di Mosca, le vendite verso la Russia arriverebbero a quota 8,3 miliardi, tornando oltre il livello del 2015. Bene a settembre anche la Turchia, con un progresso del 21,3% che migliora decisamente la media annua, così come in crescita sono Giappone e Svizzera.
Incrementi, quelli sperimentati dall’Italia, che del resto paiono coerenti con la ripresa corale del commercio internazionale, risalita che ha spinto a fine settembre l’Organizzazione Mondiale del Commercio a rivedere al rialzo le stime di crescita 2017. I volumi sono ora visti in progresso del 3,6% (dal 2,4% precedente), grazie in particolare ai maggiori acquisti dall’Asia e alla ritrovata vitalità della domanda interna nordamericana, che trae beneficio anche dai maggiori investimenti nell’area Oil&gas.
Per la Wto il commercio in volume 2017 dell’Europa crescerà del 2,5%, passo che l’Italia pare in grado di sostenere e persino superare, con vendite in volume registrate dall’Istat nei primi otto mesi in crescita del 2,8%.
Dal lato delle importazioni l’espansione di settembre (+4,7%) è inferiore rispetto al trend dell’export: il surplus commerciale extra-Ue del mese lievita così a 3,5 miliardi. Dall’inizio dell’anno la dinamica si inverte ma solo per colpa della bolletta energetica. Al netto di questa, il saldo manifatturiero progredisce di oltre tre miliardi.

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