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Nel 2030 esisteranno lavori che ancora neanche immaginiamo. Molti dei nuovi mestieri saranno legati al digitale e non interesseranno solo le grandi multinazionali ma anche le piccole e medie imprese. Aziende che mai come oggi, in piena pandemia, guardano all’innovazione come primo fattore di crescita e di sopravvivenza tra boom dell’e-commerce e relazioni (forzatamente) digitali con i clienti. È quindi utile capire quali sono i profili che saranno maggiormente richiesti nelle PMI per compiere la svolta digitale. Il tutto nella consapevolezza che il tema delle competenze diventerà sempre più decisivo per il mercato del lavoro italiano dei prossimi mesi.
Secondo la rilevazione di Assolavoro Datalab, l’Osservatorio dell’Associazione Nazionale delle Agenzie per il Lavoro, basata su dati interni al settore e su fonti terze qualificate (Excelsior, Linkedin, Trovit), è possibile stilare la classifica delle professioni più ricercate. Al netto della grande richiesta di professionisti sanitari legata alla pandemia, le imprese cercano specialisti ICT, responsabili vendite ed export manager.
Secondo PageGroup, società specializzata nel recruitment, i profili più cercati nell’ICT sono i più svariati. Tra i più richiesti troviamo iCloud & infrastracture manager, i cyber information security officer e l’e-commerce manager. Sono poi richiestissimi i digital marketing manager che possono aiutare l’espansione delle vendite online insieme ai content e social media manager. Ci sono poi gli UX/UI designer che si occupano della user experience, i data scientist e SW & Web Developer che si occupano della programmazione informatica.
A livello più generale sarà quindi la domanda di digitale a dettare il trend delle assunzioni. Secondo i dati di Unioncamere nelle imprese italiane le competenze digitali sono richieste per sette assunti su dieci, pari a 3,2 milioni di lavoratori. Ma il 28,9% di questi profili, vale a dire circa 940 mila posizioni lavorative, è difficile da trovare per inadeguatezza o ridotto numero di candidati. Un mismatch da superare in fretta considerando l’economia in difficoltà e la necessità di ripartenza del paese.
La digitalizzazione delle imprese può valere da 3 a 7 punti di PIL. Per questo motivo in Italia stanno sorgendo diverse iniziative volte a supportare lo sviluppo e la crescita digitale delle PMI. Come il programma di Facebook e Google a sostegno delle aziende piccole e medie con piani di investimento e formazione per diversi miliardi. O ancora il progetto targato Enel X che offre un’innovativa piattaforma digitale volta a supportare i piccoli e medi imprenditori che intendono ottimizzare i loro processi aziendali e avviare percorsi di crescita del business, attraverso la digitalizzazione e l’ottimizzazione dei processi gestionali un tempo riservati solo a grandi aziende.
Infine, relativamente al tema digitalizzazione, c’è un altro fenomeno interessante da tenere in conto, cioè quello relativo ad un aumento delle richieste di codici eCommerce che è cresciuto del 34% da parte degli esercenti italiani.
Infatti, dalla ricerca “Gli effetti del lockdown sui consumi: il punto di vista di piccole attività e consumatori”, commissionata da American Express a Nielsen, è emerso che la metà degli esercenti dichiara di aver fatturato oltre il 40% tramite canale digitale e il 30% di averne aperto uno ex novo durante o subito dopo la fine della fase 1 della pandemia. Per questo, oltre alla ricerca di modi innovativi per supportare e sostenere i propri clienti nello sviluppo del loro business, Amex ha messo in piedi una serie di partnership come quella con Vodafone o con Alibaba.com e webidoo volta a sostenerne la digitalizzazione e internazionalizzazione.