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Export, sono Firenze e Latina i distretti che crescono di più

Business Insights

17 Febbraio 2020

American Express

Da un lato pelle e farmaci. Dall’altro meccanica e auto. Il chiaro-scuro dell’export tricolore non determina solo il posizionamento delle medie ma va a ridisegnare anche il peso relativo delle aree a maggior vocazione internazionale, modificando equilibri consolidati da tempo.
 
 
Il segnale più evidente è la scalata in classifica di Firenze, che nei primi nove mesi dell’anno 2019 prosegue nella propria corsa aumentando le proprie vendite del 29%. In termini di export globale si pone al sesto posto assoluto, alle spalle di Bergamo, provincia che tuttavia supera di una manciata di milioni restringendo l’analisi alle sole attività manifatturiere, dove Firenze si piazza quinta. Ed è infatti proprio Firenze a guidare i territori italiani in termini di crescita assoluta dell’export tra gennaio e settembre 2019, piazzando oltreconfine 2,65 miliardi di euro in più e spingendosi in questo modo al nuovo record assoluto.
 
 
Se appena l’anno prima il capoluogo toscano veniva superato non solo da Bergamo ma anche da Bologna, Treviso e Modena, queste aree sono ora battute di slancio grazie all’aggiunta di nuovi volumi di vendita, determinati quasi integralmente dal distretto della pelle e delle calzature.
 
 
Punto d’arrivo di un percorso coerente, che in dieci anni ha visto più che quadruplicare i valori diretti oltreconfine proiettando Firenze in una dimensione nuova: se nel 2009 alla voce “articoli in pelle” Firenze valeva il 13% dell’export nazionale, oggi il peso è più che raddoppiato.
 
 
Esito della messa a terra degli investimenti di gruppi italiani ma soprattutto di multinazionali, che hanno reso Firenze il maggior polo mondiale del lusso per il settore, spingendo non solo verso l’alto le vendite oltreconfine ma anche la rete dell’indotto locale.
 
 
Se Firenze sorride con pelle e calzature, portandosi ad una manciata di milioni dai volumi globali di Brescia, a spingere invece Latina al secondo posto per crescita dell’export è il comparto farmaceutico. Anche in questo caso a far lievitare i volumi sono le scelte di aziende italiane ma soprattutto di multinazionali. Realtà in entrambi i casi insediate in passato nel territorio, ora rilanciato con nuovi investimenti, più linee produttive, nuove assunzioni.
 
 
Grazie ai farmaci Latina vede lievitare in nove mesi il proprio export di 1,8 miliardi di euro, diventando la prima provincia italiana per vendite oltreconfine di queste produzioni davanti a Milano e migliorando di nove posizioni la classifica assoluta (ora è 18esima). In nove mesi il valore dell’export di settore passa da 3,1 a quasi cinque miliardi, così come in forte crescita nella medesima area è Frosinone, che aggiunge nello stesso periodo 1,3 miliardi, portando così l’intero Lazio a valere un terzo dell’export nazionale di farmaci, con volumi cresciuti del 50% in un anno.
 
 
Terza piazza in termini di crescita è per Arezzo, dove determinante è la corsa del settore orafo, che tra gennaio e settembre raddoppia l’export da 1,6 a tre miliardi di euro. Spinta verso l’alto che in questo caso è però legata anche alla corsa della materia prima, con il prezzo dell’oro arrivato proprio nel terzo trimestre ai massimi dell’ultimo decennio, contribuendo a spingere le vendite tra luglio e settembre da 500 milioni a 1,37 miliardi.
 
 
All’interno di un panorama non brillante per l’intera area meccanica è da segnalare la performance di Bologna, che vede crescere le proprie vendite in nove mesi di 1,25 miliardi, per effetto in particolare delle auto, che crescono di mezzo miliardo. Esito probabile della messa a regime dell’impianto Lamborghini di S.Agata Bolognese e dei nuovi volumi legati al Suv Urus.
 
 
Auto che invece in generale non brilla, in Italia come nel resto del mondo, limitando così l’export di quasi tutte le province tradizionalmente legate alle quattro ruote. Torino in primis, che infatti cede un miliardo di vendite nel periodo, cifra che coincide con il calo dell’export locale di auto, diminuito in nove mesi da 2,6 a 1,5 miliardi.
 
 
Fatta eccezione per partite straordinarie (Gorizia è la peggiore con -1,27 miliardi per l’impossibilità di replicare le commesse navali dell’anno precedente, Siracusa cede 1,1 miliardi come risultato di minori esportazioni di prodotti raffinati, Varese cede 700 milioni per il confronto con un 2018 ricco di commesse aeronautiche), sono in generale le roccaforti della meccanica a soffrire maggiormente. È l’onda lunga della frenata dell’auto mondiale, che colpendo i costruttori riduce a cascata le commesse non solo per componentisi diretti ma anche per i costruttori di macchinari, che in molte aree (macchine utensili in primis) vedono proprio Automotive il settore di riferimento.
 
 
Brescia si trova così nella parte bassa della classifica, contenendo in percentuale i danni con un calo del 3,1% nell’area manifatturiera ma cedendo comunque in nove mesi poco meno di 400 milioni. Male anche Lecco (-2,9%, – 98 milioni), così come non festeggia Bergamo. Che per la verità galleggia sui valori del 2018 confermando i volumi precedenti. Il che però non basta ad arginare lo scatto a doppia cifra di Firenze e Bologna, che per export manifatturiero ora la sopravanzano. Firenze c’era riuscita l’ultima volta nel 1994, Bologna mai.

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