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Quanto “fa male” all’Italia il mercato dei falsi? Sempre di più, pare. Secondo Ocse e Euipo (l’Agenzia Ue che se ne occupa), marchi e beni contraffatti, a livello internazionale, costano alle imprese italiane, perdite stimate per circa 35 miliardi di euro. D’altro canto, solo in Italia, il mercato illegale dei falsi produce un fatturato di 10 miliardi, più altri 9,5 miliardi di entrate perse per lo Stato. Una proiezione che comprende sia le mancate vendite sia i danni alla distribuzione wholesale.
Sono alcune delle cifre su cui si è discusso a Milano, nel corso del 31° Forum annuale di Indicam (l’associazione italiana per la tutela della proprietà intellettuale che raggruppa oltre 140 associati che incidono per il 2,5% sul Pil nazionale).
«I numeri parlano da soli – ha sottolinesto il presidente di Indicam, Mario Peserico –. Abbiamo un e-commerce che sta diventando, a tendere e in maniera rapida, il canale principale di vendita e operatori Internet che sono esenti da ogni responsabilità, sfruttando norme comunitarie di un’altra epoca». Indicam ha rilanciato l’importanza di un sistema di controlli doganali efficace e uniforme nella Ue. I Ventotto, infatti non operano con metodi uguali, lasciando scoperte falle grazie alle quali entrano nella Ue beni falsi per un valore, sempre secondo le stime Ocse, di 85 miliardi. E il calo del 9%, nel 2017, delle ispezioni doganali alle frontiere comunitarie evidenzia un nodo critico da risolvere. Per contrastare il fenomeno diventa, quindi, necessario, coinvolgere tutti i servizi intermedi, dalle aziende di trasporto e spedizione a quelle di gestione dei pagamenti.
«Su questi temi – ha detto Dario Galli, vice ministro allo Sviluppo economico – lavorerò come presidente del Consiglio nazionale Anticontraffazione (Cnac), perchè l’Italia diventi un modello internazionale». Infine, Indicam ha lanciato la proposta di rafforzare le ambasciate italiane nei Paesi a maggiore rischio contraffazione, con esperti dedicati solamente alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale.