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Francesca Milano, 9 marzo
La fattura elettronica tra privati? Ci si arriverà, ma senza obbligo e – soprattutto – solo dopo la messa a punto di un meccanismo di verifica della corrispondenza tra i dati contenuti nel flusso telematico trasmesso all’agenzia delle Entrate e la documentazione di base a supporto dell’operazione. Verifica che potrebbe essere affidata a «certificatori dotati di specifiche competenze nel settore fiscale e nella tenuta della contabilità, nonché di particolari conoscenze dei processi aziendali, che garantiscano il corretto e completo esperimento dei controlli». È questa la proposta che il Consiglio nazionale dei commercialisti ha presentato ieri in un’audizione alla Commissione parlamentare per la semplificazione presieduta dall’onorevole Bruno Tabacci. Alla commissione il vicepresidente dei commercialisti Davide Di Russo e i consiglieri delegati alla fiscalità Gilberto Gelosa e Maurizio Postal hanno presentato un documento di trenta pagine sullo stato delle semplificazioni e una auto-candidatura a occuparsi della “certificazione” delle fatture elettroniche. Secondo Di Russo quello dei certificatori è «un ruolo fondamentale che appartiene sicuramente ai tratti distintivi della figura professionale del commercialista. Siamo pronti a mettere al servizio dell’amministrazione finanziaria le nostre competenze, come già fatto in passato». Secondo l’Ocse lo sforzo di amministrazione e professionisti sul fisco telematico ha portato l’Italia a ridurre la spesa aggregata per le funzioni fiscali del 50,3% tra il 2007 e il 2011.
Ma – come sottolinea Carlo Allorio, consigliere nazionale del Consiglio nazionale forense, che ha sottoscritto il documento dei commercialisti – «i risparmi per lo Stato sono diventati costi per i contribuenti e i professionisti». Secondo gli avvocati serve una revisione delle norme tributarie: «Bisogna riscriverle, non continuare a intervenire su quelle vecchie. Così si crea solo incertezza, e professionisti e giudici faticano a interpretarle. Lo dimostra l’ingolfamento della Cassazione, bloccata dai troppi processi tributari».
Un’altra semplificazione richiesta dai professionisti è quella dello spesometro: tornare all’invio annuale è quanto propongono i commercialisti, che sottolineano anche l’esigenza di assicurare «tutte le premialità previste dall’articolo 3 del decreto legislativo n. 127 del 2015 e quindi anche la priorità nell’esecuzione dei rimborsi Iva e la riduzione di due anni dei termini di accertamento ai fini dell’Iva e delle imposte dirette, in quest’ultimo caso soltanto per coloro che garantiscono la tracciabilità dei pagamenti». In un’ottica di semplificazione il vicepresidente dei commercialisti ha proposto anche di eliminare l’obbligo di stampa dei registri Iva e di stabilire una proroga automatica dei termini degli adempimenti tributari in presenza di ritardi nella messa a disposizione sul sito internet dell’Agenzia degli applicativi necessari all’effettuazione degli adempimenti.
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