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D’ora in avanti, se arriverà l’ok anche dalla commissione europea, le imprese potranno essere destinatarie di fondi di venture capital fino al settimo anno di età e aumenta la quota da destinare alle Pmi non quotate. Sono alcune delle novità introdotte dalla legge di Bilancio che ha ridisegnato il settore del venture capital (Vc), l’attività di investimento in capitale di rischio realizzata da operatori professionali e finalizzata a operazioni di «early stage» ed «expansion». Il venture capital è disciplinato dall’articolo 31 del Dl 98/11 e dal Dm 21 dicembre 2012. La legge di Bilancio interviene sulla definizione, stabilendo che il Vc si sostanzia in due forme tecniche, entrambe disciplinate dal Testo unico della finanza, ovvero l’Oicr chiuso e la Sicaf (società d’investimento a capitale fisso). Sono, quindi, fondi di venture capital (Fvc) queste due entità, purché residenti in Italia o in Stati Ue o See che investono almeno l’85% (prima era il 75%) del valore degli attivi in Pmi non quotate in mercati regolamentati. Le Pmi sono definite in base ad un criterio quantitativo e uno qualitativo. Il primo è tratto dal regolamento Ue 2017/1129 e riguarda le società che in base al più recente bilancio annuale o consolidato soddisfino almeno due di questi criteri:
Il secondo riguarda la fase di vita dell’impresa e si sostanzia in:
Invece il restante 15% andrà investito in Pmi che non abbiano registrato un fatturato superiore a 300 milioni di euro né una capitalizzazione di mercato superiore a 500 milioni nell’ultimo triennio.
Le società destinatarie degli Fvc devono poi avere queste caratteristiche:
L’allungamento del periodo di esercizio dell’attività d’impresa fino a sette anni è frutto della modifica apportata dalla legge di Bilancio 2019, perché in precedenza la condizione era tarata su 36 mesi. In ogni caso, queste disposizioni sono efficaci, va ricordato ancora, solo previa autorizzazione della Commissione europea