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Fusioni inverse, valori disallineati

Finanza e Pagamenti

17 Luglio 2017

American Express

La fusione inversa non segue regole fiscali perfettamente simmetriche per quanto riguarda gli elementi dell’attivo e del passivo, da una parte, e la struttura del patrimonio netto, dall’altra. Questi aspetti, soprattutto per quanto riguarda gli obblighi di ricostituzione delle riserve in sospensione di imposta nel patrimonio della società risultante dalla fusione, sono stati recentemente oggetto di un interpello, che ha trovato risposta in un documento con validità generale (la risoluzione dell’agenzia delle Entrate n. 62 del 24 maggio 2017). Vediamo di analizzare il tema in modo sistematico.
I principi generali
Quando è la società Figlia che incorpora la società Madre, e quindi quando cambia il verso tipico dell’operazione di fusione, il risultato che si ottiene non può essere diverso, nella sostanza, da quello della fusione diretta. Questa regola di fondo, nell’ambito dei principi contabili nazionali, è ribadita dal documento Oic 4 (paragrafo 4.6.2) per quanto riguarda il complesso economico unificato dei beni delle società che partecipano alla fusione.
Nel caso prospettato nell’interpello, in realtà, le società partecipanti all’operazione straordinaria adottano i principi contabili internazionali, ma all’operazione non è applicabile l’Ifrs 3, trattandosi di un’aggregazione aziendale che costituisce una mera riorganizzazione, priva di scambio con economie terze. Vengono perciò richiamati gli orientamenti formulati da Assirevi (orientamento preliminare Opi 2) ispirati dal criterio di prevalenza della sostanza sulla forma. La conclusione a cui si giunge sulla base di tutti i principi interpretativi richiamati è univoca: la società che risulta dalla fusione inversa non può che avere la stessa struttura patrimoniale di quella che si sarebbe generata mediante la fusione diretta.
Attivo e passivo
La conclusione appena richiamata è pienamente operativa per quanto riguarda la prima fase dell’operazione. Per effetto dell’incorporazione, infatti, la Figlia iscrive nel proprio attivo e passivo tutti gli elementi appartenenti alla Madre, conseguendo complessivamente un incremento del patrimonio netto imputato contabilmente a riserva di fusione. Nel caso indicato nell’interpello la riserva è stata utilizzata per un aumento di capitale, che ha consentito alla società risultante dalla fusione di ripristinare la consistenza di capitale che aveva la Madre prima dell’operazione.
Successivamente, l’annullamento della partecipazione che originariamente la Madre deteneva nella Figlia genera un disavanzo che viene allocato secondo i criteri ordinari e quindi, nel caso specifico, mediante imputazione agli elementi patrimoniali della Figlia (nella fattispecie il marchio).
Come si vede chiaramente, il risultato finale a cui si perviene è quello di avere una sola società, nella quale il maggior valore della partecipazione è stato imputato al bene plusvalente della partecipata (il marchio), esattamente come sarebbe avvenuto nel caso di fusione diretta. Ricordiamo che ai fini fiscali la correttezza di questa impostazione era già stata confermata nella risoluzione n. 111 del 27 aprile 2009.
Il patrimonio netto
La vicenda più complessa, oggetto dell’interpello, riguarda la composizione ai fini fiscali del patrimonio netto della società risultante dalla fusione; l’interesse deriva soprattutto dal fatto che, nel caso di specie, la Madre non ha riserve in sospensione di imposta, mentre la Figlia presenta riserve di rivalutazione.
A proposito di questo tema, la risposta dell’agenzia delle Entrate muove dalla considerazione preliminare che il principio Oic 4 si occupa solo dell’uguaglianza in termini di patrimonio netto finale risultante dalle due diverse ipotesi di fusione diretta e fusione inversa, mentre non entra nel merito della natura e della composizione delle singole voci del patrimonio. Su questo aspetto, secondo l’Agenzia, non si può estendere il principio generale dell’equivalenza tra le due forme di fusione; pertanto, il patrimonio netto che deve essere tenuto in considerazione è quello della società che “sopravvive” all’operazione, e quindi quello della società Figlia. Quindi è di quest’ultima il patrimonio del quale si deve replicare la stratificazione fiscale delle singole voci.
Così, nel caso prospettato, non vi sono particolari problemi nell’applicazione dell’articolo 172 del Tuir in capo alla società Madre incorporata, in quanto il patrimonio della stessa non presenta riserve in sospensione di imposta. Invece, per quanto riguarda il caso della Figlia, si arriva alla conclusione che nel bilancio finale della società risultante dalla fusione devono essere mantenute le riserve in sospensione presenti originariamente nel patrimonio netto della stessa. Si fa notare che tali riserve sarebbero sparite, nel rispetto delle disposizioni di legge, nel caso di fusione diretta.
Questa interpretazione comporterà che, in futuro, gli operatori dovranno tenere in considerazione la composizione del patrimonio post operazione tutte le volte che attueranno fusioni per incorporazione con disavanzo, in quanto la fusione diretta consentirà di eliminare le riserve della Figlia in sospensione d’imposta tassabili solo in caso di distribuzione mentre la fusione inversa non lo permette.
In ogni caso, è da ritenere che la scelta del tipo di fusione, diretta o inversa, non possa essere sindacata dall’amministrazione finanziaria in termini di abuso del diritto essendo due operazioni consentite e messe sullo stesso piano dalla disciplina civilistica.

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