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L’Agenzia delle Entrate, nell’inedita veste di Agenzia delle Uscite, ha inviato bonifici per quasi 9 miliardi di euro (dati al 10 dicembre). E mentre il pallottoliere dei provvedimenti di urgenza è fermo a 4 decreti-legge, si attendono, per il 2021, nuove misure che riscrivano i criteri con cui saranno assegnati nuovi risarcimenti, causa pandemia di Covid-19. La fotografia di sintesi sui quattro decreti Ristori emanati dal Governo, da settembre e approvati definitivamente a dicembre 2020, l’ha scattata l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) che ha dedicato un approfondimento che consente di fornire alcuni punti fermi alla tecnica adottata per contenere l’emergenza con interventi economici che hanno inseguito quelli sanitari.
Ristori
Dopo le misure di contenimento previste con il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 3 novembre (quello che ha suddiviso l’Italia in zone rossa, arancione e gialla corrispondenti ai differenti livelli di criticità nelle regioni), sono stati emanati, nel giro di poche settimane, tre decreti-legge (DD.LL. 149/2020, 154/2020 e 157/2020) per estendere ed ampliare le misure di sostegno al reddito e alle attività di impresa previste dal DL 137/2020 (primo decreto Ristori). Tutte queste norme sono poi diventate parte del primo decreto Ristori e sono state approvate definitivamente il 18 dicembre 2020. La legge definitiva è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 319, la legge 176/2020.
Struttura
Sulla scia di quanto già testato dall’articolo 25 del decreto Crescita di maggio (DL 34/2020), per le imprese, i sostegni sono arrivati nella forma di indennizzi economici. Necessario, per l’accesso al risarcimento, la presentazione dell’istanza all’Agenzia delle Entrate. Se in estate non si sono fatte differenze di settore, se non per limiti dimensionali, i nuovi indennizzi hanno puntato al contrario, ai settori economici, operando delle diversificazioni che non hanno, però, soddisfatto pienamente. Le misure sono state destinate, in prima battuta, ai soggetti titolari di partita IVA che svolgono attività prevalente nell’ambito di 164 specifici sotto-settori economici individuati con codice ATECO. I criteri sono rimasti quelli del primo provvedimento di maggio: calo del fatturato subito sulla base dei dati di aprile 2019 e di aprile 2020. La novità è stata aggiungere, a quel dato, un coefficiente di indennizzo, in quattro scaglioni 100%, 150%, 200% e 400%. L’effetto è stato quello della variabile degli importi per i diversi settori che fossero più o meno penalizzati dalla raffica di chiusure emanate. Il problema che ora ha portato a manifestare l’intenzione di superare questo criterio per il futuro, è quello di lasciare indietro interi settori cosiddetti filiera, che solo apparentemente non risentirebbero degli effetti di chiusure. Un esempio sono le lavanderie industriali legate alle chiusure degli alberghi, il settore dei matrimoni (fotografi, location, professionisti che organizzano) rispetto alle chiusure dei ristoranti o ai limiti delle riunioni di persone.
Tornando al meccanismo previsto, il nuovo contributo, per le sole partite IVA esercenti attività di impresa (i grandi esclusi restano i professionisti), è commisurato alla perdita di fatturato registrata ad aprile 2020 rispetto al corrispondente mese del 2019, ed è differenziato in base agli scaglioni dei ricavi e al peso delle limitazioni subite. L’emanazione di decreti successivi e ravvicinati ha permesso di ampliare e rafforzare il sostegno economico parallelamente all’inasprimento delle restrizioni. Sono stati previsti ulteriori aiuti per alcuni fra i settori più colpiti dalle misure restrittive (attività culturali e ricreative, attività sportive, settore fieristico) sia rifinanziando fondi già istituiti dai decreti dei mesi precedenti, sia istituendone di nuovi. Infine, il decreto Ristori prevede ulteriori sospensioni ed esoneri di imposte, contributi previdenziali e premi per l’assicurazione obbligatoria rispetto a quanto già disposto a partire da marzo 2020 con i decreti anticrisi.
L’impatto finanziario
Nel complesso i tecnici dell’Ufficio parlamentare di bilancio calcolano, nel 2020, un peggioramento dell’indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche di 13,4 miliardi (pari a 0,8 punti percentuali del Pil). Alla voce delle sospensioni fiscali, lo stop a versamenti e contributi è stato calcolato in un saldo negativo per le entrate nette di circa 9 miliardi nel 2020, che mostra specularmente un impatto positivo sulle entrate nette di importo sostanzialmente analogo (circa 8,7 miliardi). Punto di forza per il Governo, come risposta immediata economica, è stata quella di diffondere i dati dei bonifici erogati dall’Agenzia delle Entrate per tutti i Ristori previsti e stanziati. Al dieci dicembre l’Agenzia delle Entrate ha inoltrato sui conti correnti dei contribuenti interessati 9 miliardi circa di Ristori, arrivando così a 2,4 miliardi di partite IVA. Nel primo decreto Rilancio erano stati portati avanti indennizzi per 6,6 mld.
Gli impatti per le imprese
L’Upb nel suo studio ricorda che l’ammontare del nuovo contributo è determinato applicando al contributo calcolato secondo il decreto di maggio (e quindi differenziato per classi di fatturato) specifici coefficienti di riproporzionamento, 30%, 50%, 100%, 150%, 200% o 400%, a seconda del settore (codice ATECO) di appartenenza e quindi dell’intensità delle restrizioni subite per i diversi Dpcm. Pertanto, percentuali di Ristoro differenziate saranno applicate al valore della perdita a seconda del settore e delle classi di fatturato dei beneficiari. La norma mette poi un tetto massimo al contributo erogabile in 150mila euro. Alla luce di questi criteri e per i settori coinvolti l’analisi vede che i singoli importi erogati sono andati a coprire una perdita di Ristoro (prendendo come riferimento sempre il calo di aprile) dal 40 al 20 per cento a seconda della dimensione dell’impresa, raddoppiando il beneficio rispetto a quello spettante con il decreto di maggio (in questo caso le percentuali variavano dal 20% al 10% indipendentemente dal settore).
Ci sono, tuttavia, delle eccezioni. L’unico settore con la percentuale del 400% è quello delle discoteche, sale da ballo e simili, che hanno subito una chiusura più prolungata. In questo caso la percentuale di recupero della perdita potenziale può variare tra l’80% e il 40% rispettivamente per le imprese più piccole e per quelle più grandi. Altri sotto-settori, ad esempio bar, gelaterie e pasticcerie, al contrario, hanno un coefficiente di riproporzionamento più basso, pari al 150%, determinando, a parità di classe di fatturato, una percentuale di ristoro inferiore (tra il 30% e il 15%). A sentire le associazioni di categorie, gli indennizzi sono una goccia nel mare. Per Fipe ad esempio il solo settore della ristorazione ha cumulato, nel 2020, perdite per 38 miliardi di euro.
Efficacia maggiore per le piccole realtà e per i fatturati più bassi
Dall’analisi condotta emerge, infine, una considerazione: il meccanismo fin qui utilizzato avvantaggia le piccole realtà, i fatturati più bassi rispetto a quelli più alti. “Va osservato”, evidenzia lo studio, “che la presenza di un importo minimo (1.000 o 2.000 euro a seconda della natura giuridica del beneficiario) e di un tetto massimo (150mila euro) per il contributo definisce un trattamento differenziato per le classi di fatturato più basse e per quelle più alte. Il limite minimo determina una percentuale di Ristoro delle perdite effettive più elevata per le fasce di fatturato più basse”.
Il futuro Ristori 5 e il Fondo perequativo
A gennaio è atteso un nuovo sforamento di bilancio da 20 miliardi. Dopo questo via libera alle nuove risorse da spendere, sarà possibile creare un nuovo decreto Ristori. L’ultimo? Secondo gli auspici del Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri sì, ma la realtà corre più veloce delle previsioni della politica, e questi 20 miliardi sembrano già essere prenotati dalle varie voci dell’emergenza. Si attendono, infatti, interventi per una nuova rottamazione delle cartelle esattoriali, un nuovo saldo e stralcio delle cartelle con gli importi più piccoli, una maggiore possibilità di suddividere il pagamento delle cartelle in rate e interventi sulle procedure concorsuali delle imprese. E poi una nuova stagione dei Ristori per così dire strutturale. Si punta a perfezionare il meccanismo risarcitorio, superando la logica dei codici ATECO andando a verificare i cali di fatturato annuali (o semestrali) delle imprese, andando oltre la logica di chiusure o aperture limitate. Si utilizzerà, per modulare i rimborsi, il Fondo relativo alla perequazione fiscale (con una dotazione di 5,3 miliardi) per soggetti con perdite rilevanti dovute alle misure di contrasto dell’emergenza. Quindi in buona sostanza si agirà su due fronti: rimborso in denaro e sospensione/cancellazione del versamento dei tributi congelati per l’emergenza.