Per un anno la difficoltà più grande delle aziende è stata cercare di capire come creare un’adeguata cultura del lavoro virtuale per i team, all’improvviso trasferiti 24 ore su 24 nelle loro case. Si è imparato a gestirli, si è cominciato perfino ad assumere da remoto e tutti quanti si sono buttati nel mare magnum di social network e piattaforme digitali per sostituire l’interazione faccia a faccia con metodi efficaci. A questo punto, però, la sfida è cambiata: con i dipendenti che hanno scoperto di poter lavorare dal salotto e in ogni parte del mondo, è arrivato il momento di studiare una strategia per trattenerli.
Il rischio che i collaboratori si mettano a cercare un nuovo posto esiste. È infatti molto più facile dare un’occhiata agli annunci lavorando da casa. E adesso che anche molti colloqui si svolgono online, le persone possono agilmente inserirli in qualche momento della giornata senza smettere di lavorare. D’altra parte, però, la crisi economica attuale spinge le persone a farsi due domande in più sull’effettiva stabilità di un’azienda: questa diffidenza fa anche da deterrente al salto improvviso verso un’altra compagnia. Di sicuro, la possibilità stessa di lavorare da remoto costituisce un elemento importante per tenere con sé o attrarre capitale umano: secondo alcuni sondaggi, il 74% dei dipendenti a livello globale afferma che le opzioni di lavoro a distanza attenuano la propensione a lasciare la loro azienda.
Ma cosa esattamente convince le persone a restare dove si trovano? Non esiste un segreto valido per ogni circostanza, ma nessuna strategia può prescindere da due ingredienti base, cioè la comunicazione e l’engagement. Su questo fronte, però, bisogna tenere presenti alcune differenze rispetto a un anno fa. All’inizio della pandemia, infatti, i datori di lavoro si sono riversati su Zoom e su tutte le altre piattaforme per ricreare la famosa interazione faccia a faccia. Tuttavia, nel giro di qualche mese i dipendenti hanno iniziato a manifestare una certa fatica e una certa insofferenza agli happy hour virtuali e alle riunioni, tanto che molti hanno smesso di presentarsi all’appello. La causa è da ricercarsi nell’ormai noto fenomeno del burnout, provocato dalla permanenza del lavoro da remoto, che secondo Monster interessa il 69% dei dipendenti. Di conseguenza, ai datori di lavoro non rimane che cercare alternative. Ecco sei cose che possono fare i manager per aiutare – e tenere con sé – i propri team virtuali:
Comunicare, comunicare, comunicare: è la base. Creare un flusso continuo di aggiornamento sulle attività in corso, definire insieme gli obiettivi della settimana, effettuare check-in frequenti nella chat condivisa durante il giorno: sono tutte piccole azioni quotidiane che permettono alle persone di continuare a sentirsi protagoniste del lavoro che fanno, evitando quel senso di abbandono e isolamento molto rischioso per chi lavora a casa da lungo tempo.
Dare accesso a materiali per il training: la formazione continua è il mantra del 2021. Un manager che abbracci la sfida non può prescindere dal diventare anche il primo sostenitore della crescita professionale dei suoi dipendenti, garantendo loro l’accesso ai corsi online e promuovendone a sua volta.
Riconoscere i meriti. Vuoi la lontananza, vuoi la quantità di scadenze, spesso si rischia di far passare sotto silenzio un bel risultato portato a casa. È molto importante, invece, non perdere occasione per fare un apprezzamento e ringraziare dell’ottimo lavoro svolto. Una persona gratificata, che si sente valorizzata, lavorerà meglio e si sentirà più legata al posto di lavoro, che riconosce i suoi meriti. Un’idea può essere anche quella di mandare un messaggio a tutti i team per raccontare un episodio particolarmente significativo o fare un post dedicato su un social dell’azienda.
Vis à vis, ma non troppo. A volte il tono di una mail suona troppo secco e il ricevente interpreta come un rimprovero o indifferenza parole scritte magari solo un po’ di fretta. Le videochiamate per le conversazioni importanti sono un ottimo antidoto per evitare incomprensioni e non perdere una connessione personale. Ma senza esagerare. C’è anche ormai una video fatigue, una sorta di affaticamento da schermo che può far sentire sotto pressione se si viene ripresi troppo spesso.
Coinvolgere e incoraggiare i progetti personali. Si chiama equilibrio: da una parte, incentivare la collaborazione e il contributo di tutti, con trasparenza sulle attività in corso e con richieste di pareri personali su quello che si fa, permette a tutti di sentirsi coinvolti; dall’altra, è bene lasciare spazio ai dipendenti di coltivare i propri progetti personali che si allineano con gli obiettivi dell’azienda. In questo modo, non solo si promuove una visione del lavoro più flessibile, ma si incoraggia anche un’innovazione più libera di tutto il business.
Dalle sfide su Tik Tok ai pacchi regalo divertenti. Da un circolo di commenti su una serie di Netflix a una sfida su Tik Tok, ci sono un sacco di modi per le aziende di coinvolgere i propri collaboratori. La chiave è co-creare un’idea con loro in modo tale da proporre un’attività che davvero li entusiasmi. E poi ogni tanto un regalo: non un anonimo pacchetto di cioccolatini, ma un pensiero mirato, un gioco da tavola, un kit per l’aperitivo o un piccolo dono legato a un progetto che avete appena concluso insieme. Qualcosa che insomma possa portare un po’ di divertimento anche in una giornata lavorativa.
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