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Nel mondo economico, la grande vittima del coronavirus è il turismo. Anche se nell’ultimo mese la stagione estiva ha preso un po’ più di slancio, a fine 2020 mancheranno all’appello molti stranieri e sarà difficile replicare gli ottimi risultati dello scorso anno. Molti alberghi non hanno nemmeno aperto, ma chi lo ha fatto si è dovuto attrezzare per diventare più attraente per i clienti che chiedono quest’anno soprattutto assicurazioni sull’igiene.
Secondo una ricerca Tecnè, realizzata per conto di Assosistema e Associazione Italiana Confindustria Alberghi, tra giugno e dicembre torneranno in hotel il 63% dei clienti per lavoro e il 51% per vacanza rispetto all’anno scorso. Il 66% ha fiducia che gli alberghi adotteranno adeguate misure anti-Covid e l’81% chiederà informazioni in merito. Il 94% delle indicazioni si concentra in particolare su tre aspetti: ambienti comuni igienizzati spesso, spazi adeguati al distanziamento e sanificazione di lenzuola, federe e biancheria.
Il 55% sceglierà l’hotel dove poter soggiornare in base alle misure adottate per la prevenzione ed il 21% in base al prezzo. In molti, insomma, sarebbero disposti a pagare di più pur di avere maggiori garanzie sanitarie.
Intanto però il 15% degli alberghi non riesce a riaprire secondo una stima di Unioncamere ed il 98% delle imprese del settore dichiara di aver ridotto i lavoratori rispetto all’anno scorso. Anche il bonus vacanze sembra rimanere sconosciuto: il 58% delle strutture non ha ricevuto richieste in merito ed il 31% non è nemmeno disposta ad accettarlo.
“Più del 90% dei clienti – spiega Marco Marchetti, presidente di Assosistema Confindustra – dichiara che si sentirebbe più tranquillo se l’igienizzazione avvenisse attraverso un processo certificato, effettuato da soggetti autorevoli. E inoltre il 54,7% sceglierà l’hotel dove soggiornare in base alle misure adottate e solo il 20,8% in base al prezzo. E sarebbero disposti a spendere anche l’8% in più per avere procedure igieniche garantite”.
Interventi mirati a garantire la sicurezza dei clienti – secondo la ricerca – permettono di attenuare sensibilmente il calo di fatturato, con una riduzione significativa dell’impatto negativo determinato dall’emergenza (da -60% a -41%) e un ritorno ai livelli di fatturato precedenti già nel 2022 (e non nel 2025).
Oltre che sulle norme igieniche delle strutture ricettive, gli italiani esprimono una netta preferenza anche sulle mete di vacanza: vince il turismo di prossimità, non troppo lontano da casa. Nell’estate del Covid due italiani su tre infatti saranno in viaggio alla scoperta dei borghi e del loro patrimonio di prodotti e tradizioni meno conosciuti.
Si tratta di un inedito protagonismo dei centri minori, spinto dagli effetti della pandemia che ha portato ad una valorizzazione di un tipo di turismo nuovo, a breve raggio. Lo rileva un’analisi della Coldiretti, sulla base dell’indagine Notosondaggi. C’è solo l’imbarazzo della scelta, visto che il 70% dei comuni italiani ha meno di 5 mila abitanti. Quasi 5,5 mila piccoli centri che, secondo l’indagine Coldiretti/Symbola, danno i natali al 92% delle produzioni tipiche nazionali della tavola. Un patrimonio conservato nel tempo dalle imprese agricole con un impegno quotidiano per assicurare la salvaguardia delle colture storiche, la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico e il mantenimento delle tradizioni alimentari.