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I vantaggi del machine learning nella caccia alle frodi bancarie

Finanza e Pagamenti

13 Gennaio 2021

American Express

È una lotta senza quartiere, e a colpi d’algoritmo, quella che banche, istituti finanziari, enti pubblici e imprese devono condurre quotidianamente contro le frodi informatiche. E non è un segreto che l’accelerazione digitale vissuta a livello globale negli ultimi mesi abbia ulteriormente acuito il problema, rendendo il livello di performance dei sistemi antifrode decisivo per la sopravvivenza economica stessa delle diverse realtà.
 
Bastano alcuni dati per dare conto della dimensione della questione. Solo in Italia, nel 2019, sono state registrate oltre 32mila frodi creditizie, per un danno che è stato quantificato in 150 milioni di euro. A questi conteggi, forniti dall’Osservatorio sulle frodi creditizie e furti di identità realizzato da Crif-MisterCredit, si aggiungono poi alcuni dati preliminari del 2020. Dati che mostrano come il volume di tutte le transazioni digitali sia aumentato vertiginosamente con l’emergenza sanitaria e le restrizioni anti-contagio. Aprile 2020 rispetto ad aprile 2019, per esempio, ha fatto segnare un +80% secondo i dati raccolti da McKinsey. Da ultimo, ma non per importanza, il tema della sicurezza informatica si è fatto sempre più centrale con la continua apertura di nuovi canali digitali di pagamento, e l’avvento in Italia della direttiva europea PSD2 sui pagamenti (Payment Services Directive 2) ha formalizzato la rilevanza del tema.
 
Tutto al contrario, invece, nelle filiali fisiche. Secondo i numeri raccolti dall’Associazione Bancaria Italiana, nei primi tre trimestri del 2020 i colpi portati a termine allo sportello sono stati 92, ossia il 56,4% in meno rispetto agli stessi mesi del 2019, in cui il computo era arrivato a quota 211.
 
Cosa c’entra l’intelligenza artificiale con le frodi bancarie
 
Sul fatto che almeno una parte dei controlli sulle transazioni sia automatizzata, non c’è dubbio. Tuttavia, in diversi casi le banche e gli istituti di credito si affidano a sistemi basati su controlli elementari, come per esempio regole deterministiche che generano una notifica di allerta se l’importo transato supera una certa soglia e se avviene con determinate tempistiche. Oltre che incapaci di adattarsi a nuove tecniche fraudolente, questi sistemi basati su semplici controlli sempre uguali a sé stessi hanno il difetto di generare molti falsi positivi. Vale a dire, di segnalare come potenzialmente problematiche moltissime transazioni in più rispetto a quante effettivamente lo siano. E non si tratta solo di un “Al lupo! Al lupo!”, ma di un costo in termini di tempo e di denaro: persone in carne e ossa devono analizzare singolarmente queste frodi, rallentando il processo di identificazione di quelle che lo sono per davvero, e sprecando risorse che potrebbero essere impiegate in altro modo.
 
L’apprendimento automatico in casi come questo può avere più ruoli. Il più importante è che, riconoscendo pattern e regolarità ulteriori nella dinamica delle transazioni, si può abbassare il numero di falsi positivi, proprio perché i parametri stessi non sono impostati a priori, ma tarati in base all’esperienza accumulata dall’intelligenza artificiale. Un’esperienza basata sullo storico dei dati analizzati, così come su quelli recenti che a mano a mano si aggiungono. Il modello, insomma, si fa via via più resiliente ed esperto, imparando appunto dalle statistiche e dagli errori commessi.
 
Il machine learning garantisce dunque un vantaggio di natura economica, perché un numero minore di falsi positivi (e una percentuale più alta di truffe identificate) risparmia lavoro a chi si occupa di analizzare le frodi, riducendo i costi. Allo stesso tempo, gli istituti bancari posso trarne benefici in termini di immagine, acquisendo magari nuovi clienti. E poi, in parallelo, l’individuazione più rapida delle vere azioni fraudolente permette di processare più velocemente le operazioni, aumenta il tasso di transazioni autentiche evase e rende l’intero sistema più efficiente. Questo spiega perché gli istituti bancari investano sempre più in soluzioni che possano rispondere ai nuovi rischi, sfruttando il meglio dell’innovazione.
 
Il caso Innovery
 
Attraverso l’utilizzo del machine learning, il sistema annunciato da poche settimane e messo a punto da Innovery (società di system integration con sede in Italia, Spagna e Messico) è in grado di riconoscere transazioni fraudolente online con un’affidabilità mai raggiunta: individua le potenziali frodi in meno di 25 millisecondi, ossia in pratica in un batter d’occhio, e ha già dimostrato di poter abbassare il numero di falsi positivi rilevati dal 90% al 70%. Anche se naturalmente i margini di possibile miglioramento restano significativi, questo aumento della precisione segna di fatto un nuovo record sul mercato, e rappresenta il principale passo in avanti fatto in termini di intelligenza artificiale come strumento antifrode.
 
Un sistema di questo genere non è utile solo alle banche in senso stretto. Non a caso, tra i clienti di un’azienda come Innovery figurano industrie, istituti finanziari, operatori di telecomunicazione, uffici della pubblica amministrazione e pure imprese del settore gaming. Tutte realtà che hanno sempre più bisogno di servizi specifici di cybersicurezza, e che hanno molto da perdere quando si tratta di frodi sui pagamenti. Un’esigenza tanto italiana quanto internazionale, in un contesto in cui la sempre più penetrante digitalizzazione richiede un’innovazione costante. E in cui alle competenze umane vanno affiancate necessariamente le potenzialità dell’intelligenza artificiale, che ha una capacità superiore a quella degli operatori in carne e ossa quando si tratta di velocità di elaborazione e di individuazione di regolarità e pattern nascosti tra i big data e associabili a tentativi di frode.

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