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Il made in Italy regala quasi 30 miliardi di incassi aggiuntivi

Business Insights

06 Febbraio 2018

American Express

«Quanto valgono? Una decina di milioni: una commessa interessante direi». I maxi-serbatoi davanti a Giancarlo Saporiti sono quasi pronti per la spedizione, colossi da 200 tonnellate e trenta metri di lunghezza che andranno a comporre un impianto di raffinazione di petrolio. In Cina. Per l’ad di Samic, gruppo varesino dell’impiantistica hi-tech per prodotti in pressione, il 2017 si chiude in crescita, così come positive sono le prospettive per l’anno in corso. «Quasi la metà della nostra capacità produttiva 2018 – spiega l’imprenditore – è già saturata dalle commesse acquisite oltreconfine».
Esperienza non isolata, piuttosto uno standard per chi ha puntato sul mercato globale. I numeri definitivi per l’export 2017 arriveranno solo a metà febbraio ma già oggi con certezza si può affermare che si tratterà per l’Italia di un nuovo record. In valori correnti il target ormai a portata di mano per è a ridosso dei 450 miliardi. Obiettivo avvicinato dalla scatto di novembre, +9,7%, che fa lievitare a 30 miliardi l’incasso aggiuntivo dei primi 11 mesi per le nostre imprese, portando il progresso da inizio anno a quasi otto punti percentuali. Guadagno legato anzitutto alla ripresa globale degli scambi: per la Wto la crescita dei volumi è pari al 3,6%, la più alta dal 2011, quasi il triplo rispetto ai risultati 2016. Forza della domanda ben visibile nella performance del made in Italy, con uno scatto corale degli acquisti che coinvolge i mercati tradizionali (Europa, Stati Uniti) ma che si allarga e si rinforza tra le economie dei Bric’s, dove l’incremento delle importazioni di prodotti italiani è spesso a doppia cifra. Ad eccezione del Medio Oriente, nelle tabelle Istat non si registra alcun arretramento nelle principali macroaree e anche l’analisi puntuale è nettamente favorevole. Lo scorso anno i paesi in cui era presente una riduzione delle importazioni dall’Italia erano ben 104, ora scesi a 69: dei primi dieci paesi in “rosso” per controvalore del 2016, in area negativa ne restano solo due, Algeria ed Arabia Saudita.
Per l’Italia in media si concretizzano volumi aggiuntivi (+3,4%), ma anche prezzi medi più elevati (valori unitari in crescita del 4,3%), ad indicare un confortante progressivo spostamento delle nostre esportazioni verso le fasce più alte di qualità, evoluzione necessaria per arginare la concorrenza dei paesi low-cost. Numeri positivi in assoluto ma anche nel confronto globale, con le nostre performance di export superiori rispetto a quelle dei principali concorrenti europei, Germania e Francia in primis. Osservando i tassi di crescita nei principali mercati di sbocco extra-Ue, l’Italia batte sistematicamente la Ue a 28. Accade per gli Stati Uniti (dove per la prima volta nella storia siamo davanti alla Francia) ma anche in Cina, Russia, India e Giappone. Una “festa”, quella dell’export, a cui seppure con forza diversa partecipano tutti i settori. Decisiva, anche in questo caso, la spinta della filiera meccanica, con vendite oltreconfine di auto lievitate in undici mesi di 2,5 miliardi, di 4,7 per macchinari e componentistica. Allo scatto dell’auto si accompagna una ripresa sostenuta dell’intera filiera di fornitura, costretta nel tempo a ridurre la propria dipendenza da Fca, ma in grado di conquistare quote di mercato nel mondo. «Le nostre aziende non si sono scoraggiate – spiega il presidente di Anfia Aurelio Nervo – e anzi hanno investito in ricerca e innovazione. Oggi il settore non produce commodity, piuttosto è costituito da fornitori di tecnologie avanzate. E il successo internazionale dei nostri prodotti conferma questa visione». Per l’anno in corso il quadro resta favorevole, con la previsione di nuove immatricolazioni in Italia nell’ordine dei due milioni di veicoli e trend favorevoli nel resto del mondo. «Vedo un andamento più o meno simile a quello dello scorso anno – aggiunge Nervo – con prospettive interessanti negli Stati Uniti ma anche in Brasile, Polonia e Germania. Il nostro settore continua a competere nel mondo, non si tratta affatto di un comparto “decotto”, come qualcuno pensa: sono queste realtà, in effetti, a tenere a galla il Paese».

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