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Il nuovo social Clubhouse: come funziona e come trasformarlo in uno strumento di business

Business Insights

22 Marzo 2021

American Express

Una decina di anni fa, alcuni manager di Amazon già preconizzavano un futuro sviluppo dei social prevalentemente audio. Poi, in effetti, i messaggi vocali di WhatsApp hanno sdoganato l’uso diffuso digitale della voce pure in conversazioni social. Adesso si assiste da un lato alla trasformazione di Spotify, piattaforma che sta vivendo una transizione nella quale la musica rimane centrale, dall’altro, al vero e proprio boom del podcasting come forma espressiva, di comunicazione e di diffusione di contenuti pregiati. Infine, si può notare l’affermazione del live, della diretta, come modalità privilegiata nell’utilizzare i social.
Voce, suoni, audio, live: niente immagini o mossette alla TikTok, gaming alla Twitch o look di Instagram, niente frasi scritte alla Facebook o Twitter, ma solo persone che parlano con una certa autorevolezza. Proprio su queste basi piuttosto solide si fonda Clubhouse, il nuovo social solo audio e solo in diretta fondato da Paul Davison (creatore della app Highline poi acquisita da Pinterest) e Rohan Seth (sei anni a Google e poi fondatore di Memry labs e Lydian accelerator) nel marzo 2020, ma di cui si parla soltanto da un paio di mesi, dopo che Elon Musk, il 31 gennaio 2021, ci ha fatto capolino.
Al momento non è un social democratico: gira esclusivamente sui dispositivi Apple e si entra solo su invito di un soggetto già iscritto. Una volta dentro, si scelgono gli argomenti di interesse e si possono visitare le cosiddette room (stanze), aperte da  moderatori che poi gestiscono le conversazioni, scelgono a chi dare la possibilità di parlare, invitano persone all’interno della room e possono  escludere dalla conversazione chi non rispetta le regole. Le loro immagini del profilo sono caratterizzate da un piccolo asterisco verde.
I moderatori invitano gli speaker, unici abilitati a parlare all’interno della room. I visitatori, o listener, ascoltano e, alzando la mano virtuale, possono chiedere di intervenire. Ma la decisione di dare la parola spetta agli speaker.
In sostanza, quindi, si ricrea l’atmosfera di un seminario, dove il confine tra chi parla (gli esperti, i competenti) e chi ascolta è molto netto, in cui non c’è spazio per i leoni da tastiera in incognito. Esiste naturalmente il diritto di critica, ma mettendoci la faccia, il nome e il cognome. Ultima caratteristica: ogni discussione all’interno delle varie room per ora non è memorizzabile, tutto avviene live e poi evapora.
Certo, Clubhouse potrebbe anche essere una moda del momento e affievolirsi un po’ come hanno fatto altri social tipo Snapchat o Periscope. Tuttavia, come detto, ha una sua peculiarità, l’audio e una serie di qualità che interessano molto alle aziende. “Il consumatore, quando può scegliere tra parlare a un dispositivo e digitare su una tastiera, opta sempre più spesso per la prima opzione. Pensiamo, ad esempio, alla costante crescita dell’utilizzo degli assistenti vocali”, conferma Rosa Maria Molteni, Marketing & Communication Manager di Spitch, azienda svizzera con presenza internazionale in soluzioni di communication automation, specializzata nello sviluppo e nell’implementazione di soluzioni di tecnologia vocale, “o delle funzioni di ricerca vocale e degli stessi voicebot basati sull’Intelligenza artificiale. Con l’arrivo di Clubhouse, l’interazione vocale non è più solo nel dialogo uomo-macchina, ma diventa un vero e proprio palcoscenico per la condivisione di esperienze e opinioni. Clubhouse risponde sicuramente alla naturale esigenza, sempre più diffusa e sentita, anche a livello di social media, di riportare l’interazione al suo medium naturale e informale: la voce. L’originalità di questo mezzo ci dimostra che si stanno avvicinando i tempi in cui smetteremo di passare buona parte della giornata con lo sguardo basso, a scrollare e digitare su uno schermo. Dal punto di vista business, è una richiesta che registriamo sempre più spesso in diversi settori, dal customer service, alla sanità, passando per il finance e il retail: la declinazione nell’intrattenimento dimostra quanto sia efficace parlare per coinvolgere e convincere”.
Peraltro, all’interno di Clubhouse non si ammette volgarità in incognito, il clima è piuttosto sereno, “la formula dei contenuti vocali è vincente perché si rivolge a tutti coloro che si sono stufati di una comunicazione social improntata solo sull’apparenza. Clubhouse spazza via filtri, meme e balletti: c’è spazio solo per chi ha qualcosa da dire e sa dirlo bene”, commenta Gianluca Lo Stimolo, Business Celebrity Builder, e Fondatore e CEO di Stand Out.
Le aziende, quindi, hanno in Clubhouse un nuovo luogo, più autorevole e regolamentato, che soprattutto in questi tempi di pandemia (con contatti, relazioni ed eventi in presenza ridotti al lumicino), offre la possibilità di ospitare nelle room amici, potenziali clienti ed esperti, creando un ricco palinsesto di contenuti di valore. Spesso la presenza delle aziende su Clubhouse è delegata a veri e propri Content Creator, che si occupano di organizzare incontri durante tutto l’arco della giornata (lo sta facendo Ikea, ad esempio). C’è un dialogo autentico, diretto, senza filtri, in cui si possono coinvolgere i consumatori, oppure creare dei focus group, spingendo sul valore della conversazione e confrontandosi con un target alto e numeroso di partecipanti: in ciascuna room possono esserci fino a 5 mila ascoltatori, magari chiamati a raccolta da un brand per dibattere sul futuro della mobilità, oppure creando un magazine vocale dedicato al mondo della cucina o, ancora, realizzando un premium club di investitori finanziari.

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