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L’obiettivo di fondo è nobile, ridurre l’impatto dell’industria sull’ambiente, ma nell’immediato l’impatto della normativa sui permessi per la C02 rischia di pesare sui conti di migliaia di aziende italiane ed europee che non si aspettavano un rincaro dei prezzi come quello avvenuto nel corso dell’ultimo anno. Nel giro di dodici mesi infatti i prezzi dei permessi per l’emissione di anidride carbonica sono quadruplicati sul mercato Eu-Ets (cioè il Sistema Europeo di Scambio di Quote di Emissione) spingendosi fino ai massimi dal 2008 con le quotazioni ormai arrivate a 23 euro per tonnellata.
Il rally, ritengono gli analisti, non sono è ancora vicino a conclusione anche perché ora c’è in gioco anche la speculazione. Da una parte ci sono le banche e gli hedge funds che hanno intuito in anticipo la tendenza rialzista insieme ad alcuni grande compagnie come quelle del settore aereo abituate a lavorare sui futures per coprire le proprie esigenze di lungo periodo, ad esempio per il carburante. Dall’altro migliaia di imprese che invece sono state meno previdenti. Il rischio del continuo balzo dei prezzi della Co2 riguarda tutti i soggetti obbligati per legge a partecipare al mercato delle emissioni, una platea che comprende quasi 12mila imprese nell’Unione europea, attive nel settore dell’energia e dell’aviazione commerciale, ma anche in molte produzioni ad alto consumo di energia, come carta, cemento, vetro, ceramica, metalli.
Nel corso degli ultimi 7-8 anni il prezzo della CO2 è rimasto quasi sempre tra 5 e 7 €/tonnellata e le oscillazioni, quando ci sono state, sono sempre state di stampo ribassista: l’eccesso di permessi accumulato con la recessione economica l’aveva fatta crollare a meno di 3 € nel 2013. In una situazione del genere, le imprese industriali spesso preferivano tenersi lontane dal mercato, per operarvi solo occasionalmente, di solito nei primi mesi dell’anno, in quanto la scadenza per adeguarsi agli obblighi è il 30 aprile. La fiammata con cui si è aperto il 2018 è stata per molti un’amara sorpresa, che ha costretto a spendere milioni di euro in più rispetto all’anno scorso: nel primo trimestre la CO2 è rincarata del 60%. Il punto è che il rally non era imprevedibile, anche se forse in pochi si aspettavano che sarebbe stato così impetuoso.
A febbraio l’Europarlamento ha infatti approvato la riforma del mercato Eu-Ets, di cui si discuteva da mesi. Ed era ben noto che la misura principale sarebbe stata la creazione della Market Stability Reserve (Msr), un meccanismo per ritirare dalla circolazione il surplus di permessi. L’obiettivo delle istituzioni europee, insomma, era proprio quello di risvegliare i prezzi della CO2, che se sono troppo bassi non servono a stimolare investimenti in energie pulite. L’Unione europea è l’unico fornitore di crediti per l’anidride carbonica, ha spiegato Mark Lewis, analista della società di ricerca Carbon Tracker, e il segnale sull’offerta che ha mandato è molto più potente di qualsiasi messaggio l’Opec potrà mai mandare ai mercati petroliferi.