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Il piano nazionale italiano per il nuovo cambio di paradigma nel tessuto industriale – dall’odierno 3.0 al prossimo 4.0 – è per forza di cose un complesso normativo fluido, che tende a cambiare di anno in anno. In ordine cronologico, le ultime due più significative correzioni di tiro si sono verificate con la Finanziaria per il 2019 e poi, lo scorso 10 aprile, con la diffusione di una lunga e dettagliata circolare da parte dell’Agenzia delle entrate. Questo documento, in particolare, ha avuto la funzione di fare chiarezza su alcune questioni fiscali, integrando fra loro la Finanziaria stessa e il cosiddetto Decreto crescita, in modo da definire l’aspetto pratico dei provvedimenti sia nei confronti dei cittadini sia del panorama imprenditoriale.
Ammortamenti (non tanto) super e iper
La Legge di bilancio per il 2019 ha portato anzitutto a un taglio più che significativo del sistema di incentivi rivolti all’acquisto degli strumenti abilitanti per l’industria di quarta generazione, tanto a livello hardware quanto software. In dettaglio, il superammortamento relativo ai nuovi macchinari è stato azzerato, mentre l’iperammortamento è diventato assai meno vantaggioso per le grandi aziende, incentivando però le piccole e medie imprese a intraprendere investimenti hi-tech.
Il motivo dietro questa scelta è spingere anche le pmi a iniziare il proprio cammino di trasformazione digitale, ricalcando il percorso in buona parte già completato delle aziende più strutturate. Numeri alla mano, per gli investimenti fino a 2 milioni e mezzo di euro l’ammortamento iper cresce fino a raggiungere quota 270%, mentre c’è una riduzione delle aliquote per quelli di importo superiore.
Qualche piccola modifica a questo impianto è stata poi introdotta dal già citato Decreto crescita: fin dal primo articolo del provvedimento, infatti, si conferma la fine del superammortamento, ma se ne posticipa il termine al 31 dicembre 2019, consentendo alle aziende di completare i propri acquisti agevolati fino alla metà del 2020. Per i beni di tipo strumentale – eccezion fatta per i veicoli – è stata prevista a titolo di incentivo un’ulteriore maggiorazione del 30%, sempre vincolata al rispetto della soglia massima di 2,5 milioni di euro.
Infine, almeno altri due aspetti di dettaglio del Decreto crescita meritano una citazione. Il primo è lo stanziamento di un fondo da 100 milioni di euro per finanziare la penetrazione del digitale nelle imprese: le spese in tecnologie che abilitano il modello di Industria 4.0 possono essere coperte fino alla metà del loro importo, e in parallelo viene estesa la definizione stessa di tecnologia abilitante, includendo anche innovazioni più recenti come la blockchain e le forme avanzate di intelligenza artificiale. L’altro fondo, più modesto ma rilevante come segnale, è di un milione di euro legato al Ministero della difesa, con l’obiettivo di migliorare la cyber-sicurezza dei nuovi sistemi informatizzati che il mondo imprenditoriale sta sfruttando sempre più.
Una legge per creare cultura dell’innovazione?
L’impianto del piano per l’industria 4.0, oltre a incentivare l’acquisizione delle tecnologie necessarie, prevede fin dal principio di puntare anche su altri aspetti dell’ecosistema aziendale, fra cui la promozione dello sviluppo di competenze, la valorizzazione del lavoro e un’evoluzione anche a livello di governance. Dalle parole ai fatti, il bonus ribattezzato formazione 4.0 per il momento è stato prorogato (ma solo fino a fine 2019) e accompagnato da norme attuative che strizzano l’occhio alle pmi più che alle grandi aziende. Viceversa, la voce lavoro 4.0 al momento risulta non pervenuta, lasciando che a prendere l’iniziativa siano sindacati e associazioni di categoria, e sul fronte della governance tutto tace da tempo, nonostante l’istituzione nel 2016 di una ampissima cabina di regia composta da numerosi stakeholders.
Una novità rilevante in questa direzione è arrivata più di recente, con un decreto del mese di luglio da parte dal Ministero dello sviluppo economico, il Mise. Si tratta di un fondo da 25 milioni di euro per il biennio 2019-2020, destinato all’assunzione nella squadra aziendale della figura del manager dell’innovazione attraverso lo strumento dei voucher. Al solito, l’agevolazione è inversamente proporzionale alle dimensioni dell’impresa: il 50% delle spese per le piccole, con un tetto massimo di 40mila euro, il 30% per le medie (fino a 25mila euro) e nessun incentivo per le grandi. Favorite al massimo sono invece le reti d’impresa, che come le piccole aziende possono godere di una copertura al 50%, ma fino a un massimo di 80mila euro. Il tutto è ancora in divenire: appena pochi giorni fa, il 7 novembre, è stato reso pubblico (con qualche polemica) l’elenco degli innovation manager. Un passo necessario per arrivare alla richiesta dei voucher e all’erogazione degli incentivi.
Dai competence center agli hub per l’innovazione
Tra i pilastri fondanti del piano di attuazione del piano industriale di quarta generazione fin da subito sono stati previsti dei centri della competenza, ossia delle case dell’innovazione edificate all’interno delle università con il coinvolgimento del privato. Nel corso degli anni però questo format è evoluto: come prima cosa non si è mai raggiunta la soglia di 100 milioni di euro di finanziamento inizialmente previsti (siamo arrivati a 73 con un decreto del maggio scorso), ma in compenso sono stati attivati generosi finanziamenti per i centri di eccellenza – uno su tutti lo Human Technopole di Milano. Da rilevare anche un certo ritardo rispetto alle previsioni iniziali, mentre una nota positiva merita senz’altro lo sforzo di sensibilizzazione e coinvolgimento delle piccole imprese.
Prendere coscienza della necessità del cambiamento è un passo in avanti fondamentale verso l’attuazione del piano, e la condivisione di questa consapevolezza in tutto il tessuto imprenditoriale è – a detta degli analisti – il risultato più soddisfacente finora raggiunto. Ciò è dimostrato anche dalla proattività delle associazioni industriali, concretizzata nella formazione di hub specifici per l’innovazione digitale.
Al netto di tutte le variazioni in termini di aliquote, tetti e soglie (di cui molto si potrebbe dire, dalla Mini Ires alla deducibilità dell’IMU per gli immobili strumentali, con ulteriori aggiornamenti in arrivo con la nuova Legge di bilancio), il vero attivatore della trasformazione digitale continua a essere la cultura dell’innovazione. Anche se pure i fondi aiutano: da ultimi, i 265 milioni di euro per la trasformazione digitale stanziati dal Mise per decreto proprio a novembre, di cui un quarto destinati alle pmi.