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Internet delle cose spinge i nuovi chip e i sistemi

Smart Business

19 Settembre 2017

American Express

In un anno 3,2 milioni di sim «machine to machine»
Illy ci ha pensato per le sue macchine da caffè, trasformandole in oggetti connessi per monitorarne qualitativamente e quantitativamente l’attività. Elica, l’azienda marchigiana che si occupa di progettazione e realizzazione di cappe per uso domestico, ha fatto leva su un’applicazione ad hoc per il controllo, anche da remoto, della qualità dell’aria nell’ambiente domestico o in ufficio.Esempi di applicazione concreta dell’Internet delle cose (nel caso di queste due aziende il partner, fornitore di connettività e soluzioni è Vodafone).
L’IoT è sempre di più terreno d’elezione per un numero di aziende, in aumento, impegnate a fornire soluzioni smart nei campi più disparati. Si va dall’energia, alla mobilità alla domotica e alla base c’è la tecnologia che permette agli oggetti e ai macchinari di scambiarsi dati.Insomma miele per le orecchie di un settore, quello delle tlc, in cui tutto questo significa nuovo – e incrementale – business per gli operatori. Non a caso l’Agcom nel suo Osservatorio trimestrale – che analizza il mercato nelle tlc e nel comparto media – ha per la prima volta indicato, separatamente, le sim “human”, distinguendole dalle sim “M2M” (machine-to-machine). Queste ultime – che, volendo semplificare al massimo, sono alla base dell’Internet of things – a marzo 2017 erano cresciute su base annua di 3,2 milioni di unità, a fronte di una riduzione di quasi 2,3 milioni di sim tradizionali. Negli ultimi cinque anni, secondo l’Osservatorio Agcom la consistenza delle sim M2M è passata da 5,2 milioni a 13,1 milioni.
«L’Internet delle cose – dice Manlio Costantini, direttore Enterprise di Vodafone Italia – ormai è una realtà dirompente, con tassi di crescita a doppia cifra. Sulla nostra rete abbiamo 59 milioni di oggetti interconnessi nel mondo». L’IoT rappresenta insomma «un’importante area di business che ci consente di diventare partner per lo sviluppo delle imprese, con soluzioni che incidono sull’efficienza operativa, sul rapporto con il cliente, così come sui prodotti stessi, che diventano digitali e interattivi, abilitando nuovi modelli di business». Sull’Internet delle cose Vodafone ha puntato per tempo visto che ha acquisito qualche anno fa l’azienda Cobra di Varese, ora diventata Vodafone Automotive: centro di competenza mondiale dell’IoT per l’intero Gruppo Vodafone.
Dall’altra parte anche «Tim sta fortemente lavorando per accelerare l’evoluzione di soluzioni dell’Internet of Things e già oggi siamo in grado di offrire nuovi servizi IoT basati sulla rete ultrabroadband mobile di Tim e sull’impiego delle tecnologie Narrow band e Lte-M», spiega Giovanni Ferigo, direttore Technology di Tim. L’ex monopolista ha un centro di innovazione, l’Open Lab di Torino, in cui «stiamo lavorando per sviluppare applicazioni all’avanguardia per l’Industry 4.0, per mettere a punto nuove opportunità e modelli di business in partnership con i principali player tecnologici. E anche con le istituzioni locali e società di servizio abbiamo avviato importanti collaborazioni, come ad esempio con il Comune di Torino dove, grazie alla copertura radiomobile in tecnologia 5G del territorio urbano, sarà possibile fornire alla cittadinanza servizi per la smart city».
Vodafone e Tim si spartiscono la quasi totalità del mercato. Elaborando i dati Agcom emerge infatti che Vodafone è prima con 6,3 milioni di Sim (48,5% del totale), Tim ne ha 5,5 milioni (42,1%) e Wind Tre ne ha 1,2 milioni (8,9%). «Il brand Wind Tre Business – dicono dalla telco – sta registrando un incremento di linee “machine-to-machine” anche grazie allo sviluppo di piattaforme di “smart connectivity” e all’utilizzo di data center e cloud ultramoderni che abilitano l’ecosistema. In più, gli accordi in partnership con aziende leader e startup innovative, nonché la collaborazione con Università e centri di ricerca, permetteranno a Wind Tre Business di accelerare il lancio di soluzioni di “smart innovation”».
Detto questo, non bisogna arrivare a conclusioni affrettate. «L’IoT non rappresenta una corsa all’oro per le telco – spiega Giulio Salvadori, direttore dell’Osservatorio Internet of Things – anche se è vero che si tratta di business incrementale. Più che altro occorre considerare che la spinta all’Iot per ora deriva da obblighi normativi più che da una vera spinta del mercato». Il riferimento è allo smart metering gas e alle auto connesse. Nel primo caso è iniziata l’installazione massiva dei contatori gas intelligenti, dal momento che le utility dovranno metterne in servizio almeno 11 milioni entro la fine del 2018. A ogni modo, anche depurando il valore del mercato IoT dagli effetti della normativa, il risultato del 2016, a quanto emerge dai dati dell’ultimo Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, risulta in crescita superiore al +20 per cento.
Questo in un quadro in cui – sempre secondo i dati dell’Osservatorio del Politecnico – il mercato IoT in Italia è arrivato a toccare i 2,8 miliardi di euro, con una crescita del 40% rispetto al 2015 spinta sia dalle applicazioni più consolidate che sfruttano la “tradizionale” connettività cellulare (1,7 miliardi di euro, +36% rispetto al 2015), sia da quelle che utilizzano altre tecnologie di comunicazione (1,1 miliardi di euro, +47% rispetto al 2015).
Il vantaggio per le telco, derivante dalla vendita di sim e connettività, in un simile contesto non è da stropicciarsi gli occhi. Nel business totale dell’Iot rientrano fornitori di hardware e tutti i partecipanti alla catena del valore. Gli operatori devono poi fare attenzione in prospettiva. Infatti, specie se si pensa al comparto delle auto connesse (+15% nel 2016 a 550 milioni di euro) i grandi player dell’automotive potrebbero fare da competitor sulla connettività alle telco, gestendosi da soli come Mvno (operatori virtuali). Diventare fornitori di soluzioni a tutto tondo, per le telco è nei fatti la chiave di volta in un momento in cui il tradizionale comparto mobile è sostanzialmente saturo: le sim “human” secondo Agcom in Italia a marzo erano 84,8 milioni.
 

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