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La Banca Centrale Europea è pronta ad agire per impedire che l’attuale fase di rallentamento dell’economia europea si traduca in qualcosa di più grave come un ritorno in recessione, scenario che al momento viene visto come ancora molto poco probabile.
E’ il messaggio che il consiglio direttivo presieduto da Mario Draghi ha lanciato da Vilnius in Lituania dove si è svolta quest’anno la consueta riunione esterna lontana dalla sede centrale di Francoforte. La misura di novità più immediata è stata lo spostamento temporale di almeno sei mesi della forward guidance che ora prevede tassi su livelli attuali “almeno fino alla prima metà del 2020” e non più fino a fine 2019.
Scivola di conseguenza di un eguale lasso di tempo anche l’indicazione secondo cui la politica dei reinvestimenti del capitale rimborsato sui titoli in scadenza durerà a lungo dopo il primo aumento dei tassi. Draghi non ha nascosto che in consiglio direttivo, a fronte di una valutazione dell’economia che mette in conto una crescita in qualche misura più debole nel corso del secondo e terzo trimestre, la discussione è stata questa volta particolarmente “granulare”, cioè attenta ad esaminare possibili misure per cercare di fornire un sostegno ancora maggiore all’economia.
Sebbene le decisioni siano state prese all’unanimità, in consiglio alcuni governatori si sono espressi per un nuovo taglio dei tassi (di deposito), una proroga più lunga della forward guidance ma c’è anche chi ha proposto una riattivazione del quantitative easing, che come ha detto Draghi “non è in uso ormai da qualche tempo”. Se queste ipotesi al momento non sono sfociate in misure concrete – forse anche in vista della fine del mandato di Draghi a fine ottobre – nondimeno il messaggio è stato che il consiglio direttivo rimane pronto e determinato ad agire per evitare che i rischi allo scenario di base – che rimane per una espansione sia pure a ritmo più moderato e con possibilità basse di recessione – non prendano il sopravvento. A chi gli chiedeva, dato il tono di chiara cautela sulle prospettive, se non sia vicino a un repeat del famoso “whatever it takes” del 2012 (che permise di mettere un freno alla crisi del debito europeo), Draghi ha sottolineato come la differenza rispetto ad allora sia notevole.
“Oggi abbiamo 10 milioni di posti di lavoro in più – ha detto Draghi – abbiamo il tasso di disoccupazione è il piu’ basso da anni e il tasso di occupazione molto piu’ alto. Inoltre sono in crescita gli stipendi nella maggior parte dei paesi. Certo dobbiamo essere pronti ad agire se le condizioni dovessero peggiorare”. Fra gli elementi di incertezza Draghi ha citato a più riprese la minaccia del protezionismo che appare ancora più significativa oggi di quanto non fosse sembrata a marzo insieme ai fattori geopolitici e alle vulnerabilità dei mercati emergenti. Resta inoltre come elemento di preoccupazione l’andamento dell’inflazione che rimane bassa (1,3% quest’anno e solo 1,6% nel 2021) anche se le attese rimangono ancorate e vi sono rischi di ricaduta in deflazione.