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La finanza alla scuola elementare diventa una fiaba

Finanza e Pagamenti

31 Marzo 2020

American Express

Per compiere scelte razionali e consapevoli nella gestione del proprio portafogli, non c’è dubbio che il primo elemento essenziale sia possedere almeno una cultura economica di base. E se l’Italia – secondo i dati Ocse – bazzica tra gli ultimi posti in Europa in tema di alfabetizzazione finanziaria, la necessità di una spinta propulsiva si fa sempre più urgente. A partire proprio dai giovani, da quelle generazioni che, nei prossimi decenni, saranno chiamate a prendere importanti decisioni economico-patrimoniali, come minimo per sé stessi e le proprie famiglie.
 
È a partire da questa consapevolezza che stanno aumentando, sul nostro territorio nazionale, le iniziative e i corsi di educazione finanziaria, che in alcuni casi stanno entrando in modo via via più stabile all’interno delle attività didattiche di alcuni istituti scolastici. A far notizia, in questo filone, è stato soprattutto un progetto attivato già dal 2017 nelle province lombarde di Como e Varese, che si è via via ampliato fino a coinvolgere oggi oltre una dozzina di scuole e che interessa ogni anno circa un migliaio di studenti del territorio. A farsi promotore dell’iniziativa è soprattutto il sindacato Cisl (in particolare le sezioni Scuola e First, dei lavoratori dell’ambito finanziario), ma il progetto coinvolge anche Banca Etica e gli stessi istituti scolastici che ospitano i corsi.
 
Dalle fiabe allo spread. Il pubblico destinatario degli incontri educativi è molto variegato, perché si spazia da bambine e bambini della scuola elementare fino agli ultimi anni delle superiori. Come è facile intuire, il metodo e i contenuti cambiano radicalmente in funzione dell’età, passando da un approccio ludico per i più piccini a una serie di approfondimenti tecnici per chi ormai è avviato verso la maggiore età.
 
Tra i temi trasversali che vengono proposti ci sono gli strumenti di pagamento e il significato della moneta, i prodotti bancari e l’uso responsabile del denaro, ma anche il mercato finanziario e il risparmio. Alle elementari si tratta perlopiù di un avvicinamento al tema, fatto del racconto di fiabe, della visione di video divertenti e di giochi di gruppo. Per le scuole di grado successivo, invece, si può entrare in alcuni dettagli specifici, spiegando quei termini entrati ormai nel lessico comune ma di fatto spesso fraintesi o ignorati. Qualche esempio? Dal celeberrimo spread fino a capital gain, Tan, Taeg e Mifid, ma pure i più semplici concetti di interesse, azione e buono del tesoro, nonché il ruolo di banche, istituti di credito ed enti di vigilanza.
 
Virtuosi, ma ancora non basta. I numeri dell’esperimento lombardo – più di 3mila studenti già raggiunti, centinaia di ore di lezione svolte, un team fatto di lavoratori esperti di economia esodati o prepensionati – ne fanno probabilmente il caso italiano più significativo, tanto per longevità quanto per ampiezza. È evidente però che si tratta ancora di un’iniziativa su scala locale: l’abbiccì della finanza è troppo importante per il mondo del presente e del futuro per relegarlo a campagne sporadiche, lasciando che una parte degli studenti non riceva mai questi strumenti per l’intera durata della carriera scolastica. La scuola elementare, peraltro, è risultata quella più entusiasta e ricettiva nei confronti di questa iniziativa, come dimostra il trend crescente del numero di richieste arrivate anche per l’anno scolastico 2019-2020.
 
Scegliere bene che cosa spiegare e raccontare ai giovani è utile a eliminare quella diffidenza e quei pregiudizi che spesso caratterizzano la finanza. E lo si può fare non solo con le strategie della gamification e dello storytelling fatte di strumenti didattici di ultima generazione, ma anche con esempi molto vicini alla quotidianità dei più piccini, come l’uso del denaro e della paghetta, il riconoscere le banconote e distinguerle da quelle false, e il concetto di investimento. Per le scuole superiori, invece, ha senso che il programma si adatti ai diversi indirizzi di studio. E in tutti i casi tra i destinatari non ci sono solo gli alunni, ma pure i docenti.

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