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Il vecchio mondo dei media, delle radio, delle televisioni, dei giornali con modelli di business basati quasi esclusivamente sulla raccolta pubblicitaria, sta scomparendo. E le tante aziende che operano nell’editoria cambiano strada, verso un nuovo paradigma di membership (newsletter) e abbonamenti, in cui il ruolo del cliente assume maggiore centralità e più sfaccettature. Tutto questo, ovviamente, come spiegato da Accenture, è reso possibile dalla cosiddetta platform economy, in cui i soggetti tendono a creare piattaforme aggregative dove far convergere più aziende, attori appartenenti a industry parallele, Telco in primis, con tecnologie di ultima generazione come il cloud, l’intelligenza artificiale e il 5G.
È un po’ quello che sta provando a fare Sky con il suo mondo Sky Q, ad esempio. Con i contenuti originali Sky, l’aggregazione di app tipo YouTube, Netflix, Spotify o Dazn, i servizi di telefonia con Sky Wi-Fi, un futuro nei servizi per la sicurezza dell’abitazione, business differenti, ma tutti sulla stessa piattaforma: “In un mondo ideale sarebbe bello avere un unico punto di fatturazione per tutte le offerte di pay tv, over the top, servizi, ecc. Non ci siamo ancora arrivati”, commenta Maximo Ibarra, Amministratore Delegato di Sky Italia, “Sarà una fase successiva, ma Sky potrà essere lo scenario ideale per farlo accadere. Telecom è già al lavoro in questa logica di aggregazione, offrendo servizio Internet, voce e tv. È un puro aggregatore. Sky, invece, produce contenuti originali, compra diritti, acquista contenuti, fa partnership con altri editori, aggrega OTT (over-the-top), e, da poco, fa un piccolo lavoro di Telco con l’offerta Sky Wi-Fi”.
Lo fa perché i grandi operatori di utilities puntano alle abitazioni, a presidiare le case: “La produzione di dati e il consumo di connessione avviene al 70% dentro l’abitazione privata. Per questo tutte le utilities stanno facendo una guerra per conquistare le case. Sky è già nelle case, può allargare i suoi confini. Con il lockdown ci siamo accorti che crescono nuovi consumi sulla parte video, c’è l’e-learning, l’intrattenimento può anche significare un corso di yoga o di pilates. C’è pure l’Internet delle cose. Quindi”, conclude Ibarra, “il concetto di tv si allarga sia orizzontalmente, sia verticalmente, e in futuro diventerà un’altra cosa”.
Il caso di Sky rende bene l’idea della trasformazione in atto nel mondo dei media: “In questa fase senza precedenti”, dice Michele Marrone, responsabile Media, Communications & Technology di Accenture Italia, “Le aziende del mondo dei media devono saper fronteggiare le sfide dell’era post digitale e diventare delle Media tech company, aziende sempre più data-driven (guidate dalla elaborazione dei big data nelle loro strategie, ndr) e cloud-based (con server e algoritmi che lavorano nel cloud, senza bisogno di costosi data center aziendali, ndr). È quella che noi chiamiamo Media-Morphosis, una decisa accelerazione verso un nuovo modello di business sostenibile e resiliente, che sappia cogliere le opportunità derivanti dalle tecnologie sempre più accessibili con investimenti continui per sviluppare servizi e contenuti rilevanti per i clienti. Con alleanze tra soggetti differenti che possano coprire l’intero ciclo di vita del cliente in ottica end-to-end e l’adozione di tecnologie che abilitano alla transmedialità”.
Certo, il rischio è che gli editori possano cadere in una sorta di sudditanza nei confronti dei big player del digitale, da Google ad Amazon, passando per Facebook o Microsoft. Ma, secondo Accenture, grazie alla platform economy – vale a dire mediante le nuove tecnologie abilitanti in grado di ridisegnare processi e assetti organizzativi – questo rischio può essere superato. All’interno della platform economy la tecnologia in assoluto dirimente è costituita dal cloud computing.
Basti pensare alla rilevanza che i cloud provider hanno assunto per gli over the top, fornendo un’infrastruttura di distribuzione nativa dei contenuti a un segmento alternativo a quello che si appoggia al digitale terrestre o al satellitare e che oggi è pari al 77% dell’Internet media.
Ma la nuvola non si limita a questa funzione. Il mercato Cloud italiano, secondo i dati dell’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano, nel 2019 ha raggiunto un valore pari a 2,77 miliardi di euro. In termini di spesa assoluta riferita alle filiere merceologiche, le prime tre posizioni sono occupate dal manifatturiero (25%), dal bancario (20%) e dal settore Telco e media (15%). A riprova del fatto che la contaminazione di business contigui ormai è una realtà.