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La rivoluzione delle Risorse Umane

Business Insights

12 Agosto 2020

American Express

Il prossimo sarà un autunno di fuoco per la funzione delle Risorse Umane in tutte le aziende. Finora, infatti, l’emergenza sanitaria e la gestione del day by day ha avuto il sopravvento. Ma tra qualche mese si dovrà mettere mano, in modo strutturale, all’organizzazione delle imprese in base alle esigenze della nuova normalità, con cambiamenti notevoli.
 
 
Come sottolinea l’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, infatti, la pandemia ha portato in primo piano priorità come:
 
 

 
 
Tuttavia, nel medio periodo, le risorse umane dovranno inserire in agenda priorità come:
 
 

 
 
Commentando il report “Niente resterà come prima” della Associazione Gianroberto Casaleggio, Davide Casaleggio sottolinea come “a gennaio in Italia solo il 5% dei lavoratori aveva provato lo smart working, quota che invece era già del 50% negli Usa. Oggi otto milioni di italiani hanno visto che si può lavorare da casa. È stato un test generale della fattibilità, oggi è già possibile. In un anno si risparmiano fino a 10 giorni di vita utilizzati normalmente negli spostamenti casalavoro e viceversa. C’è un vantaggio per gli individui e per la società”. E continua “Certo, se la gente non si sposta si dice che vanno in crisi i bar, i ristoranti, i negozi attorno agli uffici. Ma si aprirà un altro filone di economia fuori dalle città. La deurbanizzazione potrà avere vantaggi e svantaggi. Di sicuro ci sarà un fortissimo impatto sulla struttura delle aziende: si passa dal controllo delle ore lavorate alla verifica dei risultati. Saranno necessari nuovi tipi di contratti, più tutele del lavoratore da casa. Si trasformerà l’organizzazione aziendale: fino adesso, quasi ovunque, c’era unorganizzazione gerarchica, di stampo militare. E invece si andrà verso strutture oclocratiche, l’autorità e le decisioni sono distribuiti nell’ambito di gruppi auto-organizzati anziché fissati in una gerarchia di tipo manageriale, con responsabilità distribuite in mini-gruppi organizzati per obiettivi”.
 
 
Nei modelli organizzativi agili che si stanno imponendo, si parla di questi principi:
 
 

 
 
Come evidenziano le ricerche del Politecnico di Milano, il 30% delle aziende italiane è già ora in linea con questi principi agili. Ma ci vuole coerenza tra principi e modello organizzativo adottato.  Cioè bisogna essere agili per “struttura”, con team autonomi che lavorano per obiettivi, con una definizione fluida dei ruoli, in cui una persona può avere più incarichi, con una comunicazione aperta, poiché i problemi non si risolvono per linee gerarchiche. Poi si deve essere agili per “processi”, con il coinvolgimento delle persone nella progettazione dei processi e dei progetti, con un approccio sperimentale, in cui si può sbagliare senza avere eccessive pressioni psicologiche, monitorando i risultati in maniera attenta attraverso dashboard.
 
 
Infine, agili nelle “competenze”, con una centralità dell’individuo nel percorso di sviluppo ed esperienze diverse all’interno dell’organizzazione, in modo da valorizzare così i punti di forza delle persone. L’autorità decisionale si dovrà basare sulle competenze. Si parla anche di leadership di servizio, che valorizza i talenti e offre una sicurezza psicologica nel poter anche sbagliare senza paura. Ci vuole, inoltre, coesione dei valori aziendali: i dipendenti sono i primi ambasciatori e rappresentanti dell’azienda. Si deve infine sempre creare un ecosistema: un sistema di relazioni con l’esterno, condividendo informazioni, dati, modelli flessibili come le co-produzioni.
 
 
L’organizzazione agile funziona e lo testimonia un’indagine Doxa appena condotta su mille lavoratori: in un contesto di organizzazione agile l’engagement è cresciuto del 25%, il learning del 24%, le performance del 28%.
 
 
Ma quanto sono diffusi i modelli organizzativi agili in Italia? Per ora, secondo il Politecnico di Milano, solo nel 20% delle aziende. Le criticità maggiori sono nel cambio culturale, nel passaggio da gerarchia a team, in cui l’individuo viene responsabilizzato. In effetti il 19% delle organizzazioni ha ancora approcci gerarchici tradizionali, con una difficoltà del top management a capire i benefici del modello agile. Il 24% ha invece un approccio limitato al modello agile, mentre il 38% ha fatto passi importanti verso una cultura agile, ma non è ancora pronto.
 
 
Per attivare il purpose, infine, ci vuole anche un modello di comunicazione. E allora ci si ispira allo stormo, dove non ci sono gerarchie: il gruppo si muove come un organismo unico, si riconfigura in base al vento, gli uccelli si organizzano e si spostano, ciascuno diventa leader di volta in volta, comunicando le variazioni con il linguaggio, il passaparola. L’azienda agile lavora così: c’è una necessità di comunicazione fortissima, perché la cultura, i riti del lavoro, i luoghi hanno bisogno di una digital collaboration fortissima e di tanta comunicazione.

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