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Le idee di Mario Draghi per la riforma del fisco

Finanza e Pagamenti

05 Marzo 2021

American Express

Nelle linee programmatiche del suo insediamento, Mario Draghi parla di una riforma complessiva del sistema fiscale, affidata a una commissione di esperti che abbia come obiettivi la revisione profonda dell’Irpef e la razionalizzazione e semplificazione del prelievo. Il risultato, dovrebbe comportare una riduzione della pressione fiscale per le fasce dei contribuenti che si collocano nella parte media delle aliquote.  
 
Il fisco secondo Draghi
Stop alle misure parziali, alle riforme a metà, o a interventi monchi su un aspetto fiscale e non sull’insieme. “Negli anni recenti” ha ricordato Draghi, durante il suo intervento in Parlamento, “i nostri tentativi di riformare il paese non sono stati del tutto assenti, ma i loro effetti concreti sono stati limitati. Il problema sta forse nel modo in cui spesso abbiamo disegnato le riforme: con interventi parziali dettati dall’urgenza del momento, senza una visione a tutto campo che richiede tempo e competenza” e aggiunge: “Nel caso del fisco, per fare un esempio, non bisogna dimenticare che il sistema tributario è un meccanismo complesso, le cui parti si legano una all’altra. Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta”. Infine, il Presidente del Consiglio cita il percorso compiuto dalla Danimarca per definire la propria riforma fiscale.
Una riforma che deve essere, dunque, ragionata e studiata all’interno di una commissione di esperti. Il pensiero di Draghi si riferisce alla grande opera di manutenzione e scrittura che avvenne negli anni settanta, quando il Governo di allora affidò a una commissione di esperti, tra cui Bruno Visentini (di cui la riforma degli anni 70 porta il nome) il compito di ridisegnare il sistema tributario, cristallizzato a sua volta dalla riforma targata 1951. L’ordinamento tributario attuale poggia ancora sulle radici della riforma Visentini degli anni 70. Tuttavia, le stratificazioni e gli interventi nel corso degli anni hanno creato un meccanismo, ormai diventato ingestibile, che ha snaturato la progressività insita nell’imposta legata al reddito delle persone fisiche.
L’idea di Irpef di Draghi tarpa le ali a ipotesi di flat tax, tasse piatte. Quando il Premier ipotizza l’esempio danese fa riferimento a una imposta modulata su scaglioni con un’aliquota marginale massima di imposta. “In questa prospettiva va studiata una revisione profonda dell’Irpef con il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività. Funzionale al perseguimento di questi ambiziosi obiettivi sarà anche un rinnovato e rafforzato impegno nell’azione di contrasto all’evasione fiscale”.
 
L’esempio della riforma danese
Cosa è successo in Danimarca? Nel 2008 è stata nominata una Commissione di esperti in materia fiscale. La Commissione, dopo aver incontrato i partiti politici e le parti sociali, ha sintetizzato le loro proposte presentando una relazione al Parlamento. Il progetto, come ricorda Draghi nel suo discorso: “prevedeva un taglio della pressione fiscale pari a 2 punti di Pil. L’aliquota marginale massima dell’imposta sul reddito veniva ridotta, mentre la soglia di esenzione veniva alzata”.
 
La riforma italiana
Quasi ogni Governo si è cimentato con una propria proposta o propria idea di riforma fiscale. Nella Legge di Bilancio 2021, ad esempio, è stata avviato un primo modulo di riforma fiscale, mentre era stata annunciata a partire dal 2022 una riforma più complessiva. L’indicazione era stata inserita anche nel Recovery Plan. Al Ministero dell’Economia era stato istituito un gruppo di lavoro per studiare le migliori soluzioni. Nella Legge di Bilancio 2021 l’assaggio di riforma ipotizzato si è concretizzato nella creazione di un fondo per la riforma da 8 miliardi, che sarebbe stato alimentato dai risultati della lotta all’evasione fiscale. Il primo stanziamento per il 2021 è destinato in gran parte, 6 miliardi, alla riforma dell’assegno unico universale, una riforma della ripartizione degli assegni familiari salutata come primo tassello di una riscrittura più generale dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.
 
 
Il dibattito in corso
In Parlamento è stata avviata un’indagine conoscitiva da parte della Commissione Finanze della Camera congiuntamente con la Commissione Finanze del Senato per approfondire i temi legati alla riforma. Sono stati ascoltati i rappresentanti del mondo delle imprese e dei professionisti per provare a tracciare punti comuni su cui costruire la riforma. Un dato di sintesi è quello che i troppi innesti e modifiche dell’imposta ne hanno snaturato la curva progressiva. Sul banco degli imputati la giungla di bonus, agevolazioni, deduzioni e detrazioni che, erodendo la base imponibile, ne hanno alterato la funzione. Ogni volta che si parla di riforma, dunque, si tira in ballo la necessità di disboscare questa giungla arrivata a oltre 500 voci di misure agevolative. Le ipotesi di semplificazioni oscillano tra tagli lineari delle agevolazioni e tagli per importanza, ma finora nulla è cambiato considerando che proprio l’anno della pandemia ha visto la crescita esponenziale degli interventi agevolativi e di bonus.
 
Il sistema attuale
Le aliquote Irpef vanno dal 23% al 43% e variano al variare degli scaglioni di reddito. È questo il principio di progressività a cui si ispira la principale imposta e che arriva direttamente dalla Costituzione. Cinque aliquote, dunque, per altrettanti scaglioni di reddito: dai 7.500 euro fino allo scaglione massimo di oltre 150 mila euro. L’applicazione però non è così automatica. L’Irpef, dalle statistiche rese disponibili ogni anno dal sito del Dipartimento delle Finanze, risulta versata per l’80% da dipendenti e pensionati. Sul calcolo finale incidono i meccanismi di deduzione e detrazione che alleggeriscono gli importi finali o i cosiddetti regimi sostitutivi, ad esempio il regime forfettario delle regole proprie. Il reddito complessivo totale dichiarato ammonta a circa 880 miliardi di euro (+42 miliardi rispetto all’anno precedente, +5%) per un valore medio di 21.660 euro.

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