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Nonostante l’instabilità politico-economica che da tempo caratterizza l’Italia, le piccole e medie imprese non hanno paura di guardare al futuro. Anzi, sono ottimiste. A confermarlo è la ricerca Sme Pulse condotta da American Express su 3.000 Pmi europee.
Dall’indagine emergono risultati in alcuni casi sorprendenti: l’81% delle imprese italiane intervistate conta di aumentare la propria produttività fino al 5%; il 51% giudica lo stato dell’economia positivo a livello globale, il 48% a livello locale, e il 64% sostiene che potranno esserci buone possibilità di aumentare il fatturato se si sapranno comprendere appieno le esigenze in evoluzione dei propri clienti. La gestione del cambiamento è, infatti, un elemento determinate per le imprese.
Anche le Pmi hanno compreso che è necessario affrontare il mercato come “disruptor”, tanto che molte di loro hanno affermato: “My company is more likely to be a disruptor than to be disrupted”. Ritengono per tanto strategico, al fine di affrontare le sfide del business, sviluppare nuovi prodotti, servizi e modi di lavorare (73%), ma anche imparare a gestire l’attività giornaliera con efficacia ed efficienza (84%) e rispondere alle esigenze del mercato in modo tempestivo (72%). Tutto ciò va di pari passo con la capacità di attrarre nuovi talenti, ritenuta una vera e propria sfida per il 56% delle Pmi, e con la necessità di attivare programmi di re-skilling e up-skilling per i propri dipendenti, stimolando una nuova cultura anche attraverso la creazione di una vera e propria “taskforce dell’innovazione” all’interno delle società.
Ma da cosa è determinata questa ondata di ottimismo? Anzitutto, dal pregresso. Il 65% delle aziende intervistate, nel precedente esercizio, ha visto crescere il proprio fatturato del 2% e si attende dunque un risultato simile, se non addirittura maggiore, anche per l’anno in corso. Il 69% delle Pmi stima infatti una crescita tra il +2% e il +5%. La stessa tendenza vale anche per l’utile netto che il 58% degli intervistati ritiene possa attestarsi nei prossimi tre anni tra il 2% e il 5% del fatturato.
Come anticipato, del resto, l’obiettivo a lungo periodo ritenuto più importante dall’85% delle imprese italiane è la crescita del fatturato, mentre il 48% mette al primo posto la creazione di una reputazione positiva. Solo il 23% delle Pmi, pone tra gli obiettivi di lungo termine la creazione di un business sostenibile per le future generazioni. Quanto alle fonti di finanziamento: per l’89% delle imprese il circolante resta la via principale, seguita dai prestiti bancari (65%) e dai prestiti su garanzia (Asset-based finance, per il 58%). Un trend che resta invariato anche per i prossimi tre anni con il 71% delle Pmi che si dice soddisfatta delle attuali opzioni offerte dal mercato finanziario.
Ma attenzione, anche in uno scenario tendenzialmente positivo esistono dei rischi e le imprese nostrane ne sono ben consapevoli. Il 70%, in particolare, teme l’instabilità politica e normativa tipica del nostro Paese. A seguire, l’incertezza economica del mercato domestico che fa aumentare le incertezze finanziarie e, di conseguenza, il rischio del costo del debito (temuto dal 44% delle Pmi). Tra i fattori esterni visti come un ostacolo al raggiungimento del successo dell’azienda, spiccano quindi le tasse (62%), la normativa (58%) e la crescita dei costi (53%).