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Non è un incubatore ma punta a collaborare con loro invece BizPlace: la startup, nata a fine 2016, che si occupa – sul modello di AngelList – di aiutare gli startupper a entrare in contatto fra loro, e farli conoscere a potenziali investitori. «Dopo il fallimento della mia prima startup cercavo dei co-founder per ripartire ma non ne trovavo. Così ho pensato di creare una startup per aiutare chi viveva un problema simile al mio» racconta Federico Palmieri, 23 anni, ceo e marketing manager della società. «Attualmente – continua il ceo – la piattaforma conta una community di quasi 700 persone. Abbiamo 130 startup presenti nel nostro network e 30 investitori registrati nel portale. Finora circa una quarantina di imprenditori hanno trovato un’opportunità tramite BizPlace». Ha invece due anni di vita Huulke: l’altro esempio italiano di startup che aiuta le startup. La società, fondata da Matteo Ligari e Yieresse Abia, offre alle imprese digitali un metodo per sviluppare la propria idea e trasformarla in un app. «Abbiamo lavorato entrambi in una startup prima di fondare la nostra e ci siamo resi contro delle difficoltà in fase di sviluppo del progetto, soprattutto dal punto di vista economico» racconta Ligari. «Creare un app con una società di software – continua Abia – può costare dai 100 ai 400mila euro: cifre che la maggior parte dei giovani non possono sostenere». Huulke, al contrario, propone un investimento più contenuto (10-15mila euro) per creare un prototipo e metterlo subito sul mercato così da testare la sua validità e attirare investitori. Perché è spesso la mancanza di risorse economiche la causa dei numeri modesti sul fronte dei ricavi, e su quello della forza lavoro della maggior parte delle startup italiane.
Secondo l’ultimo report trimestrale sulle startup italiane innovative realizzato dal Mise, Unioncamere e Infocamere, a fine dicembre 2016, il numero complessivo degli occupati era 8.669. In diminuzione di 500 unità rispetto a fine settembre, con una flessione percentuale del 5,5%. Mentre se si guarda al numero medio degli addetti, si scopre che sono ancora pochi: 3,25 per la precisione, in leggero calo rispetto alla precedente rilevazione (quando erano 3,40). Si tratta di numeri su cui ha pesato la fuoriuscita delle startup costituite da più tempo (e quindi con il maggior numero di dipendenti) avvenuta a fine 2016 a causa dello scadere dei termini – per raggiunti limiti di età – del loro inquadramento come nuove imprese. Oltre 800 startup che si erano, infatti, registrate prima del Decreto crescita (dl 179/2012), a partire dal 18 dicembre 2016 sono state, infatti, via via escluse dall’elenco.