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L’industria metalmeccanica vede nero. Tra aprile e giugno i livelli di produzione sono diminuiti dell’1,1% rispetto al primo trimestre e del 3,1% rispetto allo stesso periodo del 2018. Il primo semestre ha fatto registrare un calo del 2,7% rispetto ai primi sei mesi del 2018. Il quadro tracciato dall’indagine congiunturale che Federmeccanica ha presentato ieri, fa lanciare l’allarme al direttore generale Stefano Franchi: «Questi tre segni meno sono una ferita che fa molto male a noi e al Paese, considerando che il nostro settore rappresenta l’8% del Pil, il 50% dell’export e dà un apporto determinante al risultato positivo della bilancia commerciale».
Trattandosi di un settore assai eterogeneo gli andamenti sono fortemente differenziati, le variazioni negative che interessano quasi tutte le attività, sono più forti per la produzione di Autoveicoli e rimorchi (-9,7%), la fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici (-3,7%), con l’eccezione della fabbricazione di Altri mezzi di trasporto (aerospaziale, locomotive e materiale ferrotranviario + 1,7%). «Siamo entrati in una fase recessiva – ha detto il vicepresidente di Federmeccanica, Fabio Astori – la produzione industriale per il settore negli ultimi 18 mesi ha visto predominare il segno meno. La riduzione del cuneo fiscale è una priorità, servono più investimenti per la crescita e per favorire l’internazionalizzazione vanno aiutate le imprese a diventare grandi. La legge di Bilancio è un test per capire che direzione prenderà la politica industriale».
Il settore fortemente export oriented risente della frenata dei flussi di esportazioni che nel secondo trimestre sono diminuiti dell’1,2% rispetto allo stesso periodo del 2019. Pesa negativamente il peggioramento dell’industria tedesca, considerando che per il nostro export la Germania rappresenta il principale mercato per un valore di 15,7 miliardi di euro (-0,8% nel confronto tendenziale tra primo semestre 2018 e 2019). In calo anche le esportazioni verso Francia (-2%) e Usa (-5%), in controtendenza il Regno Unito (+12,1%) solo perché in previsione di una Hard Brexit sono cresciuti a dismisura gli approvvigionamenti dei prodotti.
Sul settore si fa sentire anche la debolezza della domanda interna indirizzata agli investimenti in macchine, attrezzature e mezzi di trasporto (+0,3%). Rispetto al periodo pre-recessivo la produzione metalmeccanica in Italia resta 25 punti al di sotto, ben peggio rispetto alla media Ue (-2,1 punti) e della Germania (+2%). «Dai dati Istat e dalla nostra indagine, almeno a breve, non sono attesi miglioramenti della congiuntura metalmeccanica», ha aggiunto il direttore del centro studi, Angelo Megaro.
Preoccupa l’aumento delle ore autorizzate di Cig (+66,1% rispetto al primo semestre 2018), sotto la spinta della cassa integrazione straordinaria legata alle crisi industriali, così come il dato della grande industria metalmeccanica che registra un calo occupazionale dello 0,7%. Il paradosso è che il 47% delle imprese continua ad avere difficoltà a reperire personale qualificato: «Serve un piano straordinario per l’istruzione e la formazione – ha aggiunto Franchi-. Togliere risorse e tagliare le ore di alternanza è stato un errore, speriamo in un ripensamento». Da Federmeccanica arriva anche un messaggio ai sindacati che, in vista della scadenza a fine anno del contratto, chiedono un incremento dell’8% sul trattamento economico minimo: «sono costi insostenibili per le imprese. Non si può tornare indietro sul rinnovamento contrattuale»