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L’Italia è il quartultimo Paese in Europa per numero di consumatori online. Fra i membri della Ue, è anche il quinto peggiore per numero di imprese che vendono i loro prodotti sul Web. Ma quel (poco) Made in Italy che è riuscito a mettere in piedi un sito di e-commerce, o che è ricorso alle grandi piattaforme come Amazon, è diventato un campione di export digitale. Lo dicono i numeri di Eurostat: l’Italia dell’e-commerce stenta a decollare, ma quando ci riesce è particolarmente brava a sfruttare il canale del web per aumentare le vendite all’estero, a conferma che l’export è la specialità della casa. Chissà allora a quali fette di mercato potrebbero arrivare le nostre imprese, se solo aumentassero la loro cultura digitale e le loro infrastrutture tecnologiche. Gli ultimi dati dell’Osservatorio Export del Politecnico di Milano (2016) ci dicono che utilizzando la rete l’Italia esporta beni per circa 7,5 miliardi di euro: se guardiamo al totale delle esportazioni del nostro Paese, la quota online non arriva nemmeno al 2 per cento. A livello nazionale, l’e-commerce dei consumatori italiani ammonta a circa 22 miliardi di euro: più o meno, lo stesso valore del mercato online dell’Olanda.
Solo che l’Italia ha 62 milioni di abitanti, i Paesi Passi soltanto 17 milioni. Realtà dimensionalmente più simili a noi, come la Francia per esempio (67 milioni di abitanti), hanno una spesa online di 82 miliardi di euro all’anno, la Gran Bretagna (64 milioni di abitanti) addirittura di 197 miliardi. Attitudini all’acquisto così differenti possono in parte spiegare il minore interesse delle imprese italiane per la vendita online. In Gran Bretagna, per esempio, le imprese con più di 10 dipendenti che utilizzano il web per vendere i loro prodotti sono il 19% del totale, quasi una su cinque, mentre in Olanda sono il 22%. In Italia, invece, sono solo il 10%: più o meno, lo stesso livello della Grecia e della Bulgaria, e il quinto valore più basso fra i Paesi europei. Eppure, quanto a presenza sul web, le aziende italiane non si discostano troppo dalla media Ue: nel nostro Paese le imprese proprietarie di un sito sono il 72%, la media europea sta al 77% e realtà più arretrate sul web, come la Bulgaria appunto, che vende su internet tanto quanto noi, mostra una percentuale del 51 per cento. Le nostre imprese insomma il sito ce l’hanno, solo che non lo usano per vendere online. Una valida alternativa è il ricorso alle grandi piattaforme transnazionali: secondo i dati dell’Ecommerce Foundation, il leader di mercato in Europa è ancora Amazon, che intercetta un giro d’affari di circa 40 miliardi di euro. Tra i consumatori europei riscuotono un discreto successo anche Zalando e l’inglese Dixons Carphone, specializzata in elettronica di consumo, mentre in Francia è molto popolare Cdiscount. Tra le imprese europee che però online vendono – in Italia, abbiamo detto, sono una ogni dieci – le nostre sono fra le più attive a sfruttare il canale per l’export.
Nella Ue, in media, solo il 44% delle aziende che fanno e-commerce raggiunge altri consumatori all’interno dell’Unione. In Italia invece ci riesce il 55%: meglio di noi fanno solo le imprese austriache (69%), quelle lussemburghesi (61%) e quelle lituane (57%). I produttori francesi, nostri storici concorrenti sui beni di consumo, si fermano a quota 41% mentre quelli tedeschi, con i quali competiamo sul fronte delle forniture B2b, sono al 47 per cento. Altrettanto competitivo è l’export online del Made in Italy destinato ai Paesi extra-Ue: tra le aziende italiane che vendono online, a superare i confini dell’Europa è il 35%, cioè un’impresa su tre, mentre la media europea ancora una volta è più bassa, al 28%. Solo Irlanda (41%), Portogallo (40%), Grecia (39%) e Spagna (39%) mostrano percentuali superiori a quella italiana. Resta il fatto che il 40% delle imprese europee lamenta parecchie difficoltà nell’esportare online. Per questo la Commissione Ue ha assicurato il proprio impegno per realizzare il Mercato unico digitale, dove l’e-commerce fra gli Stati membri sia altrettanto privo di barriere degli scambi tradizionali di beni. Anche la Wto, nel corso dell’ultimo vertice di Buenos Aires del dicembre scorso, si è occupata dell’export digitale delle imprese, soprattutto di quelle più piccole, e ha lanciato l’iniziativa “Enabling E-commerce”: una piattaforma di incontro aperta a tutti gli attori della catena del commercio digitale con l’obiettivo di elaborare un set di regole e di buone pratiche per facilitare le vendite online internazionali. All’iniziativa partecipa anche Jack Ma, patron di Alibaba, e il calcio d’inizio dei lavori è fissato a Davos, per il World Economic Forum.