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Aumentano le distrazioni e i litigi, riducono la privacy e impattano in negativo sulle performance lavorative. Gli open space rovinano davvero la vita in ufficio e sono destinati a scomparire? Secondo uno studio pubblicato dalla Harvard Business School e Harvard University non ci sono dubbi. Gli uffici senza porte riducono le interazioni faccia a faccia del 72%, spostano la comunicazione dal piano fisico e personale a quello impersonale e virtuale, e fanno diminuire la produttività dell’azienda.
Secondo i dati emersi dall’indagine i dipendenti sono spesso “intimoriti dagli open space” e non li percepiscono come ambienti positivi. Per valutare le principali criticità i ricercatori hanno quindi consegnato ai lavoratori un badge con microfono e sensori così da registrare e raccogliere dati sulle interazioni con i colleghi. Il risultato? Negli open space i lavoratori non sono a proprio agio nel parlare ad alta voce sia perché hanno paura di distrarre i propri colleghi sia perché non possono essere sé stessi.
Per questo motivo molti restano incollati alle proprie postazioni di lavoro e di frequente ricorrono alle chat online per comunicare. Non a caso i ricercatori hanno registrato un aumento degli scambi via posta elettronica e messaggistica del 50%. Con conseguenze importanti in termini di business: la mancata collaborazione “faccia a faccia” secondo gli esperti – che hanno analizzato diverse realtà aziendali dall’introduzione dell’open space – incide sulle performance lavorative dei dipendenti abbassando il rendimento. Quindi se è vero che la sede di Facebook a Menlo Park, progettata da Frank Gehry nel 2015, promuoveva il concetto di spazio aperto come incarnazione dell’innovazione è anche vero che l’open space non si adatta a tutte le aziende. E come dimostrano i dati, spazi senza confini non promuovono la collaborazione semmai possono portare i colleghi a vivere momenti di grande frustrazione. C’è chi parla bisbigliando, chi telefona di nascosto in bagno o chi mastica in modo rumoroso.
Tanto che la startup newyorkese Room, specializzata in design e architettura di interni, ha pensato di dedicarsi alla riorganizzazione degli spazi di lavoro. Non si tratta di un ritorno al cubicolo ma semmai un ripensamento dell’open space con zone a “maggiore privacy e in condivisione”. Tempo quindi di mini open space. Una soluzione che potrebbe avere successo soprattutto negli States. Nell’ultimo anno Room ha realizzato un sondaggio ad hoc: il 62% dei lavoratori americani vorrebbe lavorare in una postazione chiusa, il 30% si reca in un posto riservato per fare telefonate, e il 20% pensa sia difficile lavorare per le continue distrazioni. Segno che anche l’Open Space può (e forse deve) evolvere.