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A giugno, il Parlamento Europeo ha votato il divieto di vendita di nuove auto a benzina, GPL, metano e diesel a partire dal 2035 (con alcune eccezioni). Come cambierà il mercato? Le principali case automobilistiche sono pronte al lancio di nuove vetture elettriche? Ci si deve aspettare una vera svolta “verde”? E a che prezzo per privati e imprese? In Italia si parla di importanti riduzioni in termini di occupazione nel settore automotive
A giugno 2022 è stato approvato, dal Parlamento Europeo, lo stop ai motori termici entro il 2035. Ciò significa che a partire da questa data non sarà più consentita la vendita di auto e furgoni alimentati a benzina o diesel. La misura fa parte di un ambizioso progetto comunitario, denominato “Fitfor55”, che include una serie di iniziative volte alla riduzione delle emissioni di Co2 nell’Unione Europea. È previsto, nel dettaglio, un taglio del 55% entro il 2030, per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050.
Si tratta, quindi, di una grande opportunità per raggiungere la decarbonizzazione e favorire la transizione green. Ma questo emendamento “zero emissioni”, come viene chiamato, pone anche importanti questioni dal punto di vista economico e sociale, aprendo a diverse problematiche per il prossimo futuro. Cosa bisogna aspettarsi? E quali saranno gli impatti su privati e imprese?
Lo scenario
La decisione dell’Unione Europea di puntare sulla transizione all’elettrico arriva in un periodo complesso. Il settore automotive rappresenta ancora un comparto strategico: l’8% del Pil dell’Unione è generato dai ricavi del comparto auto, che coinvolge anche il 6,6% della forza lavoro europea complessiva.
Ma il mercato dell’auto ha ormai da tempo numeri negativi, in termini di nuove immatricolazioni. Nel mese di maggio (gli ultimi dati disponibili, resi noti a metà giugno) Acea, l’associazione dei produttori di auto europei, ha registrato complessivamente 948.149 autovetture immatricolate, pari al 12,5% in meno rispetto a maggio 2021 e a -34,3% in confronto allo stesso mese del 2019. Fanalino di coda è proprio l’Italia, che ha segnato un -15,1%.
Le esclusioni e i prossimi passi
In questo scenario l’emendamento “zero emissioni” potrebbe avere un impatto negativo indesiderato. Il divieto di vendita prevede tuttavia alcune eccezioni. È passato, infatti, quello che è stato chiamato emendamento “salva Ferrari”: una deroga per tutti i piccoli produttori di nicchia (da 1.000 a 10.000 auto l’anno) per i quali la nuova legge entrerà in vigore un anno più tardi, nel 2036. Si salvano, quindi, anche se solo temporaneamente, le produzioni di supercar Ferrari e Lamborghini, nella Motor Valley dell’Emilia-Romagna. Il provvedimento sarà comunque oggetto di una fase negoziale al Consiglio Europeo. È importante ricordare che sono coinvolte nella regolamentazione solo le vetture di nuova immatricolazione.
Cosa dicono gli addetti ai lavori
I numeri si contraddicono. Secondo l’ANFIA, l’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, sarebbero 450 le imprese in difficoltà (con 70.000 addetti che rischiano il posto di lavoro), sulle 2.198 che compongono l’intero comparto. Secondo un dossier del Ministero dello Sviluppo Economico, invece, le aziende destinate a sparire sono circa un centinaio, valgono 8,5 miliardi e hanno 26.000 lavoratori.
L’impatto sui privati
Il prezzo delle nuove vetture elettriche potrebbe risultare insostenibile per una buona parte degli italiani. Non solo per la fascia più povera ma anche per quel ceto medio che ha particolarmente risentito delle crisi economiche degli ultimi anni. Basti pensare, ad esempio, che il costo medio di una vettura green arriva a 37 mila euro, contro i 25 mila di una dotata di motore tradizionale (secondo i dati Federauto – Federazione Italiana Concessionari Auto). Questo significa che se i prezzi (solo in parte ridotti dagli ultimi incentivi governativi) non scenderanno a breve gli acquirenti preferiranno puntare sull’usato di automobili tradizionali, finché saranno disponibili sul mercato, piuttosto che pensare all’acquisto di una nuova vettura green con eccessivo impatto sul budget personale. Posticipando così, per il momento, la transizione ecologica e rendendo sempre più difficoltoso il percorso verso il 2035 e il progetto comunitario Fitfor55.
Ai costi si aggiungono, poi, le questioni legate alle infrastrutture. Chi, in Italia, possiede un’auto elettrica deve fare i conti con un numero, seppur in aumento, ancora limitato di colonnine per ricaricarle. A marzo 2022 il dato si attesta intorno ai 27.800 punti dedicati mentre per una reale diffusione sul territorio ne servirebbero almeno 110mila.
Arrivano le nuove vetture
Le compagnie automobilistiche, intanto, hanno iniziato ad annunciare una piena conversione full-eletric della loro gamma di vetture, rallentando contestualmente la produzione di quelle a benzina e diesel.
Stellantis, ad esempio, nel suo piano “Dare Forward 2030” prevede di presentare più di 75 vetture 100% elettriche a batteria entro il 2030 e di arrivare, entro lo stesso anno, a vendere 5 milioni di veicoli di questo tipo. La sua 500E, inoltre, è al momento l’auto elettrica più venduta in Italia, con 3.579 unità da gennaio a giugno 2022.
Audi ha comunicato che a partire dal 2026 lancerà solo nuovi modelli full electric mentre già dal 2023 interromperà la produzione di motori a combustione interna. Mentre Volkswagen è arrivata nel 2022 a 800.000 auto di questo tipo prodotte, e punta a raggiungere nel 2023 quota 1,3 milioni.
A cura di OFNetwork