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Big data, algoritmi, robotica e internet delle cose (IoT) hanno già guadagnato da qualche anno grande attenzione da parte del mondo industriale e imprenditoriale. Se è ormai ovvio che qualunque grande azienda debba attrezzarsi per affrontare al meglio la quarta rivoluzione industriale, come peraltro sta in gran parte avvenendo, oggi lo stesso vale anche per le piccole e medie imprese italiane, a partire da quelle del comparto manifatturiero.
I benefici per le Pmi manifatturiere 4.0
Digitalizzare l’intera filiera produttiva di un’impresa significa anzitutto velocizzarne tutti i processi, dalla fase di progettazione fino alla gestione logistica dei magazzini. In parallelo, avere un efficiente sistema aziendale interconnesso permette di risparmiare su diversi fronti: dalla riduzione dei consumi energetici, permessa da sistemi che monitorano in tempo reale il fabbisogno e lo ottimizzano attraverso tool di apprendimento automatico, fino all’uso di sistemi in cloud, che rendono obsolete le tecnologie precedenti e permettono di gestire al meglio le informazioni aziendali.
Avere sensori connessi sempre in ascolto e strumenti per l’analisi dei dati, inoltre, consente di svolgere manutenzione predittiva sui macchinari. In parallelo, tenere sotto controllo la situazione delle scorte in magazzino aiuta a contenere i costi di stoccaggio, poiché permette di decidere in basi a dati certi che cosa produrre e in quale quantità. Sul fronte più specifico della produzione, i trend prendono nomi che vanno dall’advanced manufacturing (la manifattura integrata con data analytics e strumenti hi-tech) al cosiddetto smart manufacturing, che è tipicamente basato su oggetti e sistemi intelligenti.
Da non sottovalutare, poi, che molte piccole e medie aziende manifatturiere operano come realtà satellite di imprese più grandi, le quali sono già attrezzate (o si stanno preparando) per il modello di industria 4.0. Avere un sistema informatizzato analogo – e magari compatibile – con quello di una grande azienda con cui si collabora, rappresenta un vantaggio competitivo da non sottovalutare, soprattutto in termini di semplicità di comunicazione e cooperazione con clienti, fornitori e subfornitori.
Peculiari della nuova industrializzazione sono anche le tecnologie di stampa 3D, ideali soprattutto in quelle circostante dove sono da privilegiare rapidità e versatilità, come ad esempio nelle fasi di prototipazione. E ciò si interseca da un lato con il macro-tema della simulazione, ossia con la possibilità di svolgere accurati test dei modelli strategici prima di passare alla loro realizzazione pratica, e dall’altro con l’ingresso sempre più massiccio della robotica. Gli automi di ultima generazione sono capaci di alleviare sempre più i lavori faticosi e ripetitivi, a favore dei compiti più adeguati alle caratteristiche dell’intelligenza umana, che spaziano dalla creatività alla visione strategica. Nel complesso non si tratta di mettere a rischio posti di lavoro, ma al contrario di incentivare le assunzioni e l’occupazione, inserendo nel personale nuove figure professionali.
Sconsigliato restare indietro
Non è esagerato dire che il passaggio al modello di Industria 4.0 oggi rappresenta una scelta obbligata. Rifiutare di investire in tecnologia e in formazione su questo filone, infatti, significa rischiare di finire fuori dal mercato entro qualche anno, o comunque perdere terreno in competitività. Tempestività e riduzione degli sprechi, infatti, sono due elementi su cui si giocherà la concorrenza del prossimo decennio, e non essere al passo con le novità tecnologiche sarà un po’ com’era non avere un computer in azienda all’inizio degli anni Duemila.
Secondo alcune indagini pubblicate quest’anno, nella fascia più virtuosa delle piccole e medie imprese si colloca il 14% delle realtà aziendali, che hanno già raggiunto un livello soddisfacente di sviluppo digitale. A questo si aggiunge un altro 37% che sta sperimentando, mentre la restante metà ha appena gettato le prime basi per aderire alla trasformazione digitale. A fare da collo di bottiglia, in questo momento storico, sono soprattutto la mancanza di una radicata formazione digitale in azienda e l’assenza di figure professionali specifiche, che agevolerebbero il processo di rinnovamento. Sul fronte opposto, ossia a fare da acceleratore, c’è invece il Piano Nazionale Industria 4.0, con le relative misure di sostegno e le agevolazioni. Non c’è dubbio, infine, che il passaggio a un Made in Italy 4.0 sia anzitutto una questione culturale e strategica, prima ancora che una tema di tecnologia e investimenti.