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Guidano la ripresa del manifatturiero italiano, sono sempre più forti all’estero, hanno ripreso ad assumere in Italia e oggi si propongono come un modello felice di inclusione e di redistribuzione del valore aggiunto tra gli stakeholder, che prevedono non verrà meno con il nuovo paradigma 4.0, su cui stanno concentrando gli investimenti. Sono le medie imprese industriali italiane, protagoniste dell’annuale indagine di Unioncamere e ufficio studi di Mediobanca, giunta alla 16esima edizione, presentata ieri a Milano.
«Quest’anno le imprese mostrano un ottimismo mai visto da otto anni a questa parte, il 56% prevede una crescita contro il 18% che segnala difficoltà e l’85% ha realizzato investimenti, in un caso su quattro in R&S», rileva l’analisi condotta sulle società di capitali private che in Italia fatturano tra i 16 e 355 milioni di euro e hanno tra i 50 e i 499 addetti. Positive anche le previsioni , con il 55% dei medi imprenditori che stima di aumentare il business mentre si dimezzano (al 9%) i pessimisti. A fare da traino è l’export, con una quota di aziende esportatrici salita oggi all’89% che realizza oltreconfine oltre la metà dei ricavi (51,2%). Le prospettive sono particolarmente brillanti (otto punti sopra la media) per l’agroalimentare.
Performance che si ritrovano anche guardando indietro, al ruolo svolto dalle medie imprese negli ultimi vent’anni, focus inedito presentato ieri da Unioncamere e Mediobanca: dal 1996 al 2015 il peso delle medie aziende sul totale della manifattura nazionale è salito dal 12 al 18% in termini di valore aggiunto, dal 14,5 al 18,5% per quanto riguarda il fatturato e dal 15,6 al 19% per quanto attiene l’export. Con i settori meccanica, alimentare e farmaceutico che si sono fatti sempre più largo a discapito di beni per la persona e per la casa, carta, editoria e metallurgia.
La prossima sfida è quella dell’Impresa 4.0. Ad oggi il 66% delle aziende manifatturiere di media dimensione è in fase di applicazione più o meno avanzata di tecnologie digitali, il 56% conosce le misure del Piano Calenda «e la maggioranza è consapevole del ruolo chiave della trasformazione digitale per la competitività», commenta il presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello.
Non tutto luccica, però, nell’universo delle medie realtà industriali italiane. A pesare non è solo la tassazione (tax rate medio del 33% contro il 25,6% dei gruppi maggiori, anche se l’Irap è sceso di dieci punti) ma la difficoltà ad affrontare il passaggio generazionale, con cui è alle prese il 45% degli imprenditori. Nel 70% dei casi vi è scarsa o nulla apertura a manager esterni alla famiglia, il 40% del Cda ha un’età media superiore ai 60 anni, con una modesta quota rosa (20% contro il 30% delle quotate) e board molto ristretti sinonimo di scarsa collegialità decisionale.