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Il primo semestre del 2020 è il momento in cui, in gran parte del mondo – Italia inclusa –, ci si è resi contro di quanto le filiere alimentari e dei prodotti di consumo possano essere fragili. Bastano pochi giorni di blackout per abbattere la capacità produttiva degli stabilimenti, per generare squilibri di mercato e dunque per mettere in difficoltà la grande distribuzione. E la situazione può complicarsi ulteriormente se anche un solo anello della catena logistica viene spezzato o se vengono introdotte limitazioni nei trasporti, per esempio alle dogane. Come se non bastasse, a rivelarsi più delicata di tutte è stata la filiera dei dispositivi medici, interrotta talvolta per cause di forza maggiore, altre per inadeguata capacità produttiva, altre ancora per deliberate scelte politiche dei governi nazionali.
Tra le lezioni collettivamente apprese c’è la necessità di riprogettare le filiere in modo che possano essere più reattive agli stress esterni, più flessibili nell’organizzazione e più intelligenti nella gestione. E per fare questo non basta affidarsi alla semplice digitalizzazione, ma occorre saper sfruttare tutte le potenzialità che oggi la tecnologia offre.
Le iniziative basilari e quelle avanzate
L’esempio più semplice di trasformazione digitale accelerata è stato il passaggio dai punti vendita esclusivamente digitali a quelli ibridi oppure completamente virtuali, a cui sono state costrette o incentivate anzitutto le piccole e medie aziende. A questo si aggiunge la transizione dal lavoro in ufficio allo smart working, in modo più o meno efficace. Oppure, ancora, c’è stato un aumento delle attività promozionali e di marketing direttamente online, magari in diretta streaming.
Ma non finisce qui: per progettare un meccanismo di filiera più resistente e intelligente occorre un profondo cambiamento nell’impostazione del lavoro. Ecco perché le capacità produttive, i flussi di prodotti e gli approvvigionamenti sono sempre più gestiti attraverso enormi banche dati, algoritmi logistici e sistemi di intelligenza artificiale basati sull’analisi dei big data. Solo un approccio di questo genere, magari combinato a una capacità predittiva sempre più raffinata, può ridurre vulnerabilità, strozzature, debolezze e colli di bottiglia nella filiera, garantendone quanto più possibile l’integrità.
L’esempio virtuoso della collaborazione pubblico-privato
Anche se la prima metà del 2020 è stata complicata in gran parte del mondo, in generale le aziende più evolute dal punto di vista digitale sono state in controtendenza, facendo in alcuni casi registrare il segno più. E se le imprese che offrono servizi digitali sono sicuramente favorite rispetto a chi deve maneggiare prodotti fisici, i dati di mercato mostrano chiaramente che l’e-commerce e la logistica smart possono fare la differenza.
La chiave di volta di tutta l’operazione di trasformazione, però, sembra stare a cavallo tra il settore privato e quello pubblico. Quando si tratta di approvvigionamenti esteri e di filiere a carattere internazionale, infatti, pure lo Stato gioca un ruolo determinante. E in alcuni casi si tratta di una comunione di interessi: basti pensare ad alcune filiere strategiche come quelle dei dispositivi medici, dei beni di prima necessità e dei prodotti che rispondono ai bisogni fondamentali nei momenti di crisi. Il contributo del settore pubblico, oltre che nella gestione puntuale di alcune filiere, è anche con finalità di lungo termine: incentivare la digitalizzazione delle imprese, per esempio, può produrre innegabili benefici a tutto il sistema-Paese.
La visione d’insieme
Ci sono diverse cose che il digitale può fare meglio di qualunque addetto umano quando si tratta di gestire filiere e logistica. Può fornire informazioni in tempo reale su domanda e offerta di mercato, può garantire trasparenza e tracciabilità sui singoli passaggi della catena del valore e può condividere in brevissimo tempo aggiornamenti normativi e novità su prodotti e flussi doganali. Si parla in termini tecnici di registri blockchain, di applicativi in cloud e di finanza smart, ma in tutti i casi ciò significa la stessa cosa: sfruttare al meglio le potenzialità di frontiera della tecnologia.
Una gestione integrata della logistica, inoltre, può far ottimizzare la capacità produttiva e quella di movimentazione dei carichi anche a livello internazionale, individuando gli anelli deboli della catena che vanno supportati (finanziariamente e non solo) prima che si spezzino in modo irrimediabile. L’idea stessa di resilienza, infatti, va di pari passo con la capacità di creare un sistema di compensazione di domanda e offerta su scala globale, sia ottimizzando i servizi logistici e di distribuzione sia consentendo alle piccole e medie imprese di superare momenti di particolare difficoltà organizzativa.