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Il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, l’ha definita «un’iniziativa rivoluzionaria». Per la prima volta il mondo dell’agricoltura e quello dell’industria alimentare, spesso antagonisti, si sono messi insieme e hanno dato vita all’associazione Filiera Italia. Con un duplice obiettivo: da un lato promuovere i contratti di filiera tra aziende agricole e imprese della trasformazione, che stabiliscono forniture pluriennali della materia prima a prezzi minimi garantiti. E dall’altro fare lobby a Bruxelles e sugli altri tavoli internazionali per difendere gli interessi del made in Italy agroalimentare: dalla lotta alla contraffazione all’etichettatura dei cibi, dai fondi comunitari all’agricoltura fino all’aumento delle aliquote Iva.
A Filiera Italia aderiscono grandi nomi dell’agroalimentare made in Italy: oltre a Coldiretti per la parte agricola, tra i soci promotori ci sono Inalca/Cremonini, Ferrero e Consorzio Casalasco (Pomì e De Rica), e poi Farchioni, Ocrim, Olma, Giorgio Tesi Group, Donnafugata, Cirio agricola, Bonifiche Ferraresi, Maccarese, Terre Moretti e Amenduni, «ma ad oggi abbiamo già altre 43 richieste di adesione», ha ricordato Luigi Scordamaglia, nella sua veste di ad di Inalca e di consigliere delegato di Filiera Italia. Cattolica Assicurazioni, invece, è partner assicurativo del progetto.
«La prima battaglia che ci deve vedere protagonisti in Europa – ha detto Vincenzo Gesmundo, segretario generale della Coldiretti e vicepresidente di Filiera Italia – è quella contro l’etichettatura a semaforo, che è già largamente utilizzata in Gran Bretagna e che le sei più grandi multinazionali del settore alimentare vogliono imporre in tutto il mondo». Il semaforo si basa sul contenuto di grassi e zuccheri di un alimento ma – ricorda la Coldiretti – finisce con l’assegnare il verde alla Coca Cola Light e il rosso all’olio extravergine d’oliva . «Le etichette a semaforo – continua Gesmundo – non sono altro che una pratica sleale nei confronti dell’eccellenza italiana, e come tale va combattuta».
Il board di Filiera Italia ha presentato le proprie istanze anche al Commissario Ue all’Agricoltura, Phil Hogan, che ieri era a Parma per il forum dedicato alle Dop e alle Igp. Al commissario Hogan il presidente della Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino, ha chiesto di fare un passo indietro sulla riduzione del 5% del budget della Pac; mentre il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, ha ricordato che il tetto a 60mila euro per i contributi comunitari che sembra sia stato inserito nelle proposte di riforma è troppo penalizzante.
Filiera Italia è pronta a portare la battaglia anche dentro l’Europarlamento. «La direttiva europea sulle pratiche sleali sarà l’occasione per affrontare anche l’etichettatura a semaforo», ha detto Paolo De Castro, europarlamentare del Pd, vicepresidente della Commissione Agricoltura e relatore della direttiva, che Filiera Italia ha voluto come presidente del proprio Comitato Scientifico.
«Solo se l’Italia si presenta nel mondo come filiera potrà avere un ruolo, e questo la parte industriale lo capisce», ha detto l’ad di Inalca, Scordamaglia. «I tempi sono maturi per un discorso di filiera – ha aggiunto Luigi Cremonini – all’appello manca solo la grande distribuzione italiana, anche i suoi protagonisti dovrebbero fare sistema con noi».
Altro pilastro dell’attività è la promozione, appunto, dei contratti di filiera. Alcuni dei quali già firmati: «Quello che abbiamo siglato con il pastificio Casillo per esempio – ha ricordato il presidente della Coldiretti, Moncalvo – è il più grande contratto di filiera in Italia per quantitativi e per superfici coinvolte. Prevede la fornitura da parte dei coltivatori italiani di 6 milioni di quintali di grano biologico all’anno per cinque anni, per un valore di 250 milioni di euro a regime». Ma ci sono anche i contratti di filiera per incentivare lo sfruttamento delle montagne, come quello con il Gruppo Cremonini, o l’intesa per l’olio siglata con alcuni frantoi italiani e con Conad.