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Uno dei capisaldi della riforma del diritto della crisi e dell’insolvenza è rappresentato senza dubbio dalla centralità degli organi di controllo societari, in funzione della tempestiva emersione ed efficiente gestione e regolazione della crisi di impresa. Con questa scelta di campo, il legislatore scommette su questi organi potenziando, e in un certo senso riqualificandone il ruolo, in una dimensione gestionale «ex ante», con nuovi compiti (e quindi responsabilità) di organizzazione e segnalazione (nonché attestazione); e in generale contribuisce all’affermazione della cultura della prevenzione.
Sul piano organizzativo, già dalle disposizioni generali del Codice (articolo 3 sugli obblighi del debitore «imprenditore collettivo»), si desume che gli organi di controllo dovranno valutare l’idoneità degli assetti, adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa, appunto per la rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale (nuovo articolo 2086 del Codice civile), e per l’assunzione di idonei provvedimenti, se del caso almeno di pianificazione (dovranno poi valutare se gli amministratori si sono prontamente attivati con gli strumenti previsti per il superamento della crisi e il recupero della continuità).
Le nuove prerogative
Il campo delle «procedure di allerta e di composizione assistita della crisi» appare di elezione del nuovo ruolo degli organi di controllo interno, i quali (oltre ai revisori, essenziali anch’essi in questa fase ma ognuno nell’ambito delle proprie funzioni) dovranno verificare che lo stesso organo amministrativo valuti costantemente, assumendo le conseguenti iniziative: l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, la sussistenza dell’equilibrio economico finanziario e il prevedibile andamento della gestione (articolo 14). Appare quindi evidente che gli organi di controllo, oltre a valutare essi stessi il rispetto dei criteri di adeguatezza e di equilibrio, dovranno svolgere un’attività di stimolo per gli amministratori, affinché questi agiscano prima che si giunga al «punto di non ritorno».
L’allerta
Altro fondamentale obbligo degli organi di controllo interno, nonché dei revisori (ribadendo così il loro ruolo, del resto alla luce dei modelli stranieri come quello francese, ove i motori della «procèdure d’alerte» sono i «commissaires aux comptes») è quello di segnalazione dell’allerta, ossia dell’esistenza di fondati indizi della crisi (articolo 14). La segnalazione (interna) dovrà essere fatta innanzitutto e immediatamente allo stesso organo amministrativo: compito assai delicato perché, se è vero che gli indicatori della crisi trovano una specifica disciplina nel Codice su nozione (come squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa), rilevabilità (attraverso appositi indici di sostenibilità dei debiti) ed elaborazione (tramite il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili), si presenta come un’attività valutativa che, dovendo tener conto di vari fattori di rischio (per esempio di documenti inattendibili o di strumentalizzazione da parte dei creditori della notizia dei sintomi della crisi), richiederà il più alto grado di diligenza professionale. In caso di omessa o inadeguata risposta, o di mancata adozione delle misure necessarie, la segnalazione andrà fatta all’Ocri, l’organismo che dovrà ricevere le segnalazioni per tutti gli imprenditori e gestire la fase di allerta e di composizione della crisi.
I poteri di attestazione
I sindaci sono inoltre dotati di poteri di attestazione, per favorire la composizione della crisi: in particolare, al fine di evitare che imprese in (apparente) difficoltà, a causa del mancato pagamento da parte di debitori pubblici, debbano subire conseguenze pregiudizievoli, assumendosene la responsabilità, potranno attestare l’esistenza di crediti di imposta o di altri crediti verso Pa per i quali siano decorsi 90 giorni dalla messa in mora (articolo 18): si pensi a crediti non ancora accertati per ragioni meramente formali o pretestuose.
Sul versante delle crisi ormai non recuperabili, il Codice assegna poi espressamente un importante ufficio di impulso agli organi di controllo societari prevedendo, per la sola apertura della liquidazione giudiziale, la legittimazione – oltre che del debitore, di uno o più creditori e del pubblico ministero – degli organi (e delle autorità amministrative) di controllo e di vigilanza sull’impresa (articolo 37 comma 2): estendendo così esplicitamente il novero dei soggetti che, di fronte all’insolvenza, avranno il potere (funzione, anche al fine di evitare ulteriori pregiudizi incrementali) di chiedere l’apertura della procedura concorsuale.
La norma che chiude il cerchio del sistema sulla centralità degli organi di controllo è contenuta nell’articolo 378, che amplia notevolmente le ipotesi nelle quali anche per le società a responsabilità limitata sarà obbligatoria la nomina degli organi di controllo interno o dei revisori.