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Per far scattare le regole sule Control foreign companies (Cfc) basta una quota di utili oltre il 50%

Finanza e Pagamenti

30 Gennaio 2019

American Express

Il decreto legislativo di attuazione della direttiva Atad “antiabuso” (Dlgs 142/2018, pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» del 28 dicembre e in vigore dal 12 gennaio) prevede significative novità in tema di Cfc, applicabili a partire dal 2019 in caso di esercizio coincidente con l’anno solare.
In primo luogo, la nuova normativa si applica non solo nel caso in cui il soggetto non residente a fiscalità privilegiata sia controllato dal soggetto residente in base all’articolo 2359 del Codice civile (controllo che si sostanzia in varie forme tra cui il controllo di fatto). Ma anche se quest’ultimo detiene, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate, una quota di partecipazione agli utili maggiore del 50% (tenendo conto, in caso di partecipazione indiretta, dell’effetto demoltiplicativo). In tal caso, quindi, la Cfc è applicabile anche in assenza di controllo.
Niente più distinzioni
Viene abolita la distinzione, prevista dalla vecchia normativa, tra Cfc extra Ue/See con scambio di informazioni cosiddette black list (tali se il livello nominale di tassazione, tenendo anche conto dei regimi speciali, è inferiore al 50% di quello applicabile in Italia) e Cfc, anche Ue/See, cosiddette white list, con passive income (tali se la tassazione effettiva è inferiore a più della metà di quella a cui sarebbero state soggette ove residenti in Italia). Per la nuova normativa – che conferma l’impostazione secondo la quale i soggetti black list non sono elencati in una lista ad hoc – esiste una sola tipologia di Cfc rappresentata da un soggetto ovunque residente (Ue, See, extra Ue) che soddisfa congiuntamente le due seguenti condizioni:
è assoggettato a tassazione effettiva, calcolata secondo criteri fiscali italiani, inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stato soggetto qualora residente in Italia;
i proventi realizzati sono costituiti per più di un terzo (e non per più del 50% come previsto dalla vecchia normativa) da passive income.
Non si applica quindi più il livello nominale di tassazione che ha causato non pochi dubbi applicativi visto il riferimento ai regimi speciali (si veda la circolare 35/E del 4 agosto 2016, paragrafo 1.2.3).
Al contrario, il livello nominale di tassazione continua a rilevare, in alcuni casi, per stabilire se i dividendi e le plusvalenze possono considerarsi provenienti da Paesi a fiscalità privilegiata e concorrono pertanto integralmente alla formazione del reddito imponibile. Infatti, a questi fini, se la partecipazione è di controllo, secondo i criteri sopra illustrati per la Cfc, si applica il criterio della tassazione effettiva (come per la Cfc) mentre se la partecipazione non è di controllo rileva il livello nominale di tassazione.
Secondo la relazione illustrativa al decreto «tale diverso trattamento deriva dall’opportunità di prevedere un criterio semplificatorio, quello dell’aliquota nominale, per l’individuazione del livello di tassazione in caso di partecipazioni non di controllo per le quali risulta più complesso, per il partecipante, reperire le informazioni necessarie a determinare il livello di tassazione effettivo».
Passive income
Il fatto che l’applicazione della Cfc sia subordinata al conseguimento di passive income in misura significativa (più di un terzo dei proventi realizzati) fa sì che, in linea di principio, siano escluse le società industriali e commerciali che, al contrario, qualora non residenti nell’Ue/See, potevano essere assoggettate alla vecchia disciplina nell’ipotesi in cui il livello nominale di tassazione fosse stato inferiore al 50% di quello applicabile in Italia.
La nuova normativa prevede un’elencazione più puntuale dei passive income, includendo anche i redditi da attività assicurativa e bancaria e i proventi derivanti non solo da prestazioni di servizi (come stabilito dalla vecchia normativa) ma anche da operazioni di compravendita di beni intercompany. In entrambi tali ultimi casi è ora previsto che si debba trattare di beni o servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo.
Viene confermato che il reddito del soggetto non residente da imputare per trasparenza al soggetto residente è determinato applicando le regole Ires, ad eccezione della rateizzazione delle plusvalenze dell’articolo 86, comma 4, Tuir. La nuova normativa prevede che non siano applicabili per determinare il reddito Cfc neanche le disposizioni in tema di società di comodo, società in perdita sistemica, studi di settore e Ace (agevolazione peraltro abolita dalla legge di bilancio per l’anno 2019). Quanto all’ambito soggettivo, la norma si applica ora anche alle stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, che controllano a loro volta soggetti non residenti a fiscalità privilegiata, limitatamente alle partecipazioni nella controllata estera che fanno parte del patrimonio della stabile organizzazione (si veda la relazione illustrativa).

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