Approfondimenti e spunti per far crescere il tuo business.
A fine ottobre di quest’anno qualche buona notizia è arrivata dal Gender Equality Index 2020, che ha visto l’Italia guadagnare 8 posizioni, conquistando il 14esimo posto in Europa, per quanto riguarda i temi di diversità e inclusione. Il lavoro continua ad essere il tasto dolente (con 68 punti contro gli 81 medi dell’Ue), ma quel che è certo però è che l’attenzione a queste tematiche sta crescendo parecchio e per molti sta diventando un fattore determinante per la scelta di un posto di lavoro.
Non a caso stanno aumentando anche le iniziative delle aziende in quest’ottica. Proprio di recente l’Istat ha certificato che oltre un quinto delle imprese in Italia ha adottato almeno una misura con l’obiettivo di gestire e valorizzare la diversity, specie per quanto riguarda le persone LGBT+. Una trasformazione che guarda sia all’interno delle organizzazioni, più reattive davanti a un’esigenza crescente di inclusività da parte dei dipendenti, sia all’esterno, con i consumatori che sono più inclini ormai ad acquistare da brand che percepiscono come inclusivi.
Visto poi l’impatto pesante della pandemia sull’occupazione femminile, è molto probabile che questo tema diventi ancora più sensibile nei prossimi mesi. Ma come capire se una certa azienda o un determinato ente ne fanno uno dei propri valori fondamentali? Non c’è un elenco di punti prefissati, ma per orientarsi è possibile osservare vari parametri. Vediamone alcuni.
È la parola d’oro del 2020, ed è tanto più cruciale se si pensa al lavoro delle donne, che escono dalla pandemia provate da un equilibrio spesso quasi impossibile tra lavoro e gestione della casa. Ecco che quindi un’azienda può innanzitutto dimostrarsi più elastica nell’assegnazione dei compiti e nella valutazione delle performance, superando il concetto di un’attività ad ore per favorire l’approccio per obiettivi. Riconoscendo al contempo più spazi di libertà per supportare i dipendenti che si trovano in una situazione difficile.
Bastano poche parole buttate lì durante una videocall per rovinare subito l’atmosfera. Allusioni, ammiccamenti, sorrisi compiacenti a commenti sgradevoli, fino a pregiudizi di genere veri e propri: i messaggi sbagliati, anche quelli impliciti, possono essere diffusi in innumerevoli modi ed è importante vedere in quel caso che un manager interviene per bloccarli. Alcune aziende promuovono corsi di formazione specifici per tutti i dipendenti e affidano, al senior management, comunicazioni quotidiane in merito.
Visto che fra gli ambiti nei quali si registrano più discriminazioni sono quelli della promozione e degli stipendi, è bene rendere disponibili a tutti i criteri che vengono utilizzati in entrambi i casi. Le opportunità di avanzamento di carriera si rivolgono a tutti i candidati qualificati, indipendentemente da sesso o orientamento sessuale. È importante poter quindi verificare in modo oggettivo quali sono gli standard richiesti. Sul discorso salari, si può vedere per esempio se un’azienda possiede certificazioni come quella proposta da EqualSalary, che permette alle società di verificare e rendere pubblica l’equità retributiva tra donna e uomo all’interno delle loro organizzazioni.
Un altro indizio arriva dal network e dai partner di un’azienda: se sono società che fanno dell’inclusione un loro punto di forza, contribuiscono a rafforzare l’idea che l’azienda sia impegnata a creare un ecosistema in cui vengono condivisi gli stessi valori. Con i partner possono esserci anche iniziative dedicate esplicitamente alle donne o alle comunità LGBT+, che offrono un di più rispetto alle singole politiche aziendali.
Fondamentale è vedere comunque se un’azienda ha definito politiche e procedure per discriminazioni e molestie nei luoghi di lavoro, ma anche pari opportunità, necessarie sia come misure preventive sia come garanzia di una tutela da parte dell’impresa stessa.
La valutazione del grado di inclusività parte forse soprattutto dall’entry level, cioè da come un’azienda descrive una posizione aperta. Non dovrebbe richiedere quindi né età né genere e tutto il testo dovrebbe essere il più neutro possibile per permettere a tutti di sentire la libertà di candidarsi solo in base alle proprie competenze.
Infine, si può vedere se un’azienda è certificata per la parità di genere. Ne esistono molte nel mondo, una è quella del Winning Women Institute, che rileva indicatori chiave e rilascia apposita attestazione di Gender Equality. L’obiettivo di queste certificazioni è duplice: da una parte promuovono una cultura interna dell’inclusione, dall’altra spingono il messaggio che la parità di genere e la diversity in generale sono risorse per il business delle quali vale la pena parlare anche all’esterno.