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Nei primi cinque mesi del 2019, circa due imprese su tre hanno onorato in ritardo le loro fatture.
Il dato elaborato dall’associazione Credit Manager Italia (Acmi) è emerso durante la Fiera del Credito di Milano che ha messo sotto la luce dei riflettori anche il tema della sostenibilità.
“Abbiamo deciso di parlare di sostenibilità per mandare un messaggio di solidarietà e un invito a fare squadra – spiegano Cosimo Cordaro e Marco Recchi, fondatori dell’evento – e maturare una consapevolezza: quella dell’impatto sociale, ambientale ed economico di ogni nostra scelta, che comporta un’assunzione di responsabilità sulle tematiche e sui settori toccati dalle diverse attività di gestione del credito”.
Rientra in questo tema quello del peggioramento della capacità di far fronte ai propri oneri registrato dall’Acmi. “Probabilmente siamo di nuovo nel mezzo di una crisi finanziaria – commenta Roberto Giancarlo Daverio, presidente di Acmi e credit manager di Adecco Group – ma a differenza della precedente, oggi potremmo avere gli strumenti per reagire con efficacia, se le aziende si affidassero a manager professionali, con competenze riconosciute, e si adoperassero per costruire processi e credit policy certificate in grado di gestire e prevedere le criticità”.
Altro tema caldo affrontato durante l’evento è stato quello dei crediti deteriorati. Secondo dati recenti pubblicati da PwC, le transazioni Npl hanno raggiunto un volume di 190 miliardi mentre i volumi lordi di Npe sono scesi significativamente da 341 miliardi a 180 miliardi di euro e solo gli UtP da 127 miliardi a 79 miliardi. In termini di volumi netti gli Utp a dicembre 2018 ammontavano a 51 miliardi contro i 33 miliardi di sofferenze. Gli UtP, è emerso, rappresenteranno quindi l’elemento chiave nei piani di “deleverage” delle banche.
“Gli UtP non sono considerabili come un asset class indipendente, ma piuttosto rappresentano uno stato temporaneo del debitore – ha spiegato Pier Paolo Masenza, Financial Services Leader di PwC – Ciò comporta per le banche italiane una maggiore difficoltà nella gestione di portafogli Utp e occorrerà necessariamente orientarsi verso un approccio ‘single name’, cioè basato sulla specificità del singolo debitore Utp, o in alternativa un approccio di ‘cluster’: poche posizioni UtP accomunate da caratteristiche comuni.
Un ruolo cruciale, sicuramente, nell’affrontare il problema degli Utp sarà assunto dalle cosiddette challenger banks e dai Npl servicer. I primi, combinando insieme capacità di ristrutturazione, capacità finanziarie e strategie di recupero flessibili; i secondi, attraverso la conversione in corso da un approccio massivo del credito su logiche di portafogli granulari ad uno “sartoriale” definito sulla base delle caratteristiche dello specifico credito”.