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Più della metà delle Pmi che registrano marchi e brevetti vede benefici diretti e immediati su ricavi (sino al 30% in più per dipendente aveva rilevato l’Epo, l’Ente Ue per i brevetti circa un anno fa) e maggiore credibilità dell’impresa nel rapporto con clienti, fornitori e nell’accesso al credito. Per contro 6 Pmi su 10 tra quelle che non registrano marchi e brevetti dicono di non saper bene come fare, di non avere abbastanza informazioni e lamentano uno scarso supporto – sia in termini di accompagnamento che di incentivi economici – verso un “investimento” percepito ancora più come un “costo”.
Due aspetti che convivono quelli messi in luce dall’ultima indagine dell’Ufficio Ue per la proprietà intellettuale (Euipo).
Secondo lo studio, le tre principali motivazioni per la registrazione dei diritti di proprietà intellettuale per le Pmi sono: impedire di essere copiati da parte dei concorrenti (59%), tutelarsi meglio in caso di contenzioso (58%) e migliorare l’immagine e il valore dell’impresa (36%). Crescono le collaborazioni con altre imprese (17%), l’occupazione (15%) e aumenta la redditività (12%). Ma si rafforzano anche le prospettive commerciali a lungo termine (11%) e diventa più facile l’accesso ai finanziamenti (8%).
Anche tra chi registra marchi, brevetti, disegni e modelli restano, in ogni caso, scarsamente diffusa la consapevolezza del “valore” dell’investimento. Solo il 21% di queste imprese, infatti, dispone di una valutazione professionale dei propri beni e ancora meno (il 13%) ha cercato di ottenere finanziamenti utilizzando i propri diritti di proprietà intellettuale.
C’è poi l’altra faccia, quella delle (ancora troppe) piccole e medie imprese che non innovano o non tutelano le innovazioni. Quasi quattro Pmi su dieci affermano che la mancanza di conoscenza in merito ai diritti di proprietà intellettuale ha impedito loro di ottenere la protezione necessaria. E tra coloro che non hanno dimestichezza, il 61% afferma che prenderebbe in considerazione la registrazione se avesse una migliore comprensione del sistema di tutela dei diritti di proprietà intellettuale.
L’accesso ai finanziamenti è spesso elencato come uno dei principali problemi dalle stesse aziende.
«La nostra indagine – ha dichiarato il direttore esecutivo dell’Euipo, Christian Archambeau – mostra che il 61% delle Pmi prenderebbe in considerazione la protezione della proprietà intellettuale se avesse migliori conoscenze in merito e il nostro compito, attraverso il prossimo piano strategico, è di fornire loro gli strumenti e i servizi necessari a tale scopo».
C’è un dato positivo. Il numero di Pmi che dichiara di aver subito violazioni di proprietà intellettuale nei 3 anni precedenti è sceso dal 31% del 2016 al 24% del 2019. I marchi sono stati i diritti più violati (48%), seguiti dai brevetti (24%). Gli effetti più comuni delle violazioni si traducono in perdita di fatturato (33%) e danno alla reputazione (27%).