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Quanto ci costano i paradisi fiscali “di casa”

Finanza e Pagamenti

29 Settembre 2020

American Express

Spesso quando si parla di paradisi fiscali si pensa a luoghi molto distanti, isole sperdute e turistiche con sedi finanziarie. Niente di più errato. La maggior parte dei capitali fugge nei Paesi Bassi, Gran Bretagna, Lussemburgo. Insomma, nostri partner europei e vicini di casa.
 
Ormai, in cima alla lista delle destinazioni dell’elusione fiscale internazionale, c’è la rotta olandese capace di attrarre e drenare risorse dalle imprese europee e americane per miliardi di euro. La “perdita” di risorse per la sola Italia è stata calcolata, dall’Ocse, nel 2020, in 8 miliardi di euro.
 
A monitorare e raccontare le destinazioni dei paradisi fiscali è l’osservatorio della organizzazione non governativa “Tax Justice Netwotk, che ha calcolato come i singoli paesi UE avrebbero perso di gettito dieci miliardi di dollari all’anno. Numeri ancora più da capogiro se si allarga il campo ai flussi finanziari sottratti da pratiche fiscali elusive, e perciò illecite: 117 miliardi di dollari e il 72% delle risorse va a finire ancora in quattro centri finanziari vicini geograficamente all’Italia: Regno Unito, Svizzera, Lussemburgo e Paesi Bassi.
 
Il report evidenzia come le perdite fiscali dei Paesi dell’area euro sono stati consistenti. La Francia, ad esempio, ha perso poco meno di 7 miliardi di dollari di imposta sulle società a causa dell’elusione fiscale; la Germania ha perso oltre 4 miliardi di dollari; l’Italia ha perso poco meno di 4 miliardi e la Spagna ha perso oltre 2 miliardi.
 
All’Italia il dumping fiscale, in un calcolo più ampio compiuto dall’Ocse, è costato nel 2020 8 miliardi di euro di mancati incassi per l’erario. Se i Paesi membri, dunque, secondo l’analisi compiuta da Tax Justice Network, arrivano a perdere circa 27 miliardi di euro l’anno, i Paesi che praticano regimi fiscali altamente aggressivi hanno invece guadagnato entrate aggiuntive per circa 4 miliardi di euro sulle imposte delle società. Ogni dollaro raccolto rappresenta 7 persi dagli Stati membri per via dello spostamento dei profitti e dei diversi pagamenti che vengono dislocati nei paradisi fiscali.
 
Più nel dettaglio, per dare una prospettiva del fenomeno, gli esperti di Tax Justice Network calcolano che di fronte a una perdita sulle imposte societarie per l’Europa di oltre 12 miliardi di dollari, il Lussemburgo ha raccolto solo 0,4 miliardi di dollari di tasse sulle società aggiuntive all’anno. Per ogni dollaro in più raccolto in Lussemburgo da aziende statunitensi, l’UE ne ha persi 32. I Paesi Bassi hanno raccolto altri 2 miliardi di dollari a fronte di una perdita per i Paesi dell’UE di circa 10 miliardi di dollari (poco meno di 5 dollari in tasse sulle società perse dall’UE per ogni dollaro raccolto dai Paesi Bassi). La Svizzera ha raccolto ulteriori 0,8 miliardi di dollari in cambio di un costo di 3 miliardi di dollari ai Paesi dell’UE (4 persi per ogni dollaro raccolto). Il Regno Unito ha raccolto altri 0,7 miliardi di dollari in cambio di un costo di circa 1,5 miliardi di dollari (poco più di 2 dollari persi per ogni dollaro raccolto).
 
Tutto ciò è possibile perché esiste un disallineamento tra il luogo in cui i profitti sono dichiarati e dove, al contrario, sono realmente prodotti.
Gli Stati non sono rimasti con le mani in mano. C’è ad esempio il progetto Beps (Base Erosion Profit Shift) dell’Ocse, un grande piano globale di contrasto all’elusione che vede coinvolti più di 135 Stati nella condivisione di strategie di contrasto a queste che, oltre a essere pratiche fiscali dannose, minano anche la concorrenza commerciale tra Stati.
 
Tornando all’Italia, i ricercatori di un think tank fiscale, Thomas Tørsløv e Ludvig Wier dell’Università di Copenaghen e Gabriel Zucman dell’Università di Berkeley in California, nel 2019 hanno pubblicato uno studio, trasformato poi in un database interattivo, sui profitti perduti delle nazioni. Per quanto riguarda l’Italia, le società monitorate nel 2019 avevano drenato risorse per 23 miliardi di euro all’anno verso le capitali europee dell’elusione trasformando questo in una perdita per l’erario di circa 8 miliardi di euro.
 
Si guarda come sempre all’Europa e alle iniziative legislative che intenderà prendere. Allo studio c’è più di un intervento per rendere più equa e trasparente la tassazione. Uno su tutti l’adozione delle scelte legislative fiscali a maggioranza invece che all’unanimità. Un principio da cui discende una maggiore celerità nell’adozione dei provvedimenti legislativi ritenuti essenziali sul tema.
 
Ferma ai box europei, ad esempio, la proposta della direttiva comunitaria sulla base comune consolidata europea, che consentirebbe alle imprese operanti in Europa di versare l’imposta in maniera più trasparente. L’obiettivo è quello di stabilire un insieme unico di norme per il calcolo della base imponibile per l’imposta sulle società nel mercato interno dell’UE. Il progetto è allo studio dal 2011 e nel 2016 ha subito una sorta di stop and go, invocata a gran voce come una soluzione contro la pianificazione fiscale aggressiva, però non approvata ma suddivisa in due progetti di direttive.
Ora con la crisi economica e le richieste di un gettito europeo da parte degli Stati la base comune consolidata è stata riscoperta, assieme alla web tax, come fonte di entrate dirette per l’UE.

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