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Non occorre essere esperti di alta finanza e di normative sui pagamenti per accorgersi che ormai pagare una pizza, un caffè o un taglio di capelli è un’operazione istantanea e fluida, mentre quando si deve concludere una transazione con l’estero ci sono difficoltà e fatiche. Il digitale e la tecnologia in generale hanno fatto passi da gigante negli ultimi due decenni, rendendo sempre più assurdo che non esista un modo per fare tutto in un click, qualunque sia il paese con cui ci si interfaccia. E per di più, nel particolare contesto del 2020, tutte le esigenze di semplicità e tempestività si sono fatte sempre più pressanti.
Naturalmente ne sono consapevoli anche gli organismi internazionali, dal G20 attraverso il Financial Stability Board fino al Fondo Monetario Internazionale, che già da tempo si stanno occupando dei pagamenti cross-border definendo un percorso globale di innovazione e regolamentazione. Tra valute completamente digitali e tradizionali, l’obiettivo è rendere i pagamenti internazionali più economici, più veloci, più trasparenti, più sicuri e più accessibili. Insomma, una sfida piuttosto ambiziosa, ma non impossibile.
Il tema tocca non solo questioni economiche, ma anche politiche, etiche e di visione sul futuro che vogliamo creare. Perché – va detto – modificare il modo di far fluire i capitali da un paese all’altro è una modifica agli equilibri mondiali, un affare non solo tecnologico ma anche culturale. Su cui occorre muoversi, certo, ma senza agire d’impulso.
Del piano strategico e della roadmap già messa a punto è importante rispettare gli obiettivi parziali associati a precise scadenze temporali. Dato che però ci si è accontentati di tempi piuttosto rilassati, nell’ordine di diversi anni, il Fondo Monetario Internazionale sta premendo per accelerare e muoversi in anticipo rispetto al copione. In pratica, dal punto di vista dell’implementazione delle normative, ha individuato 4 aree di cooperazione internazionale che si pongono come focali per rinnovare i sistemi di pagamento. E per far sì che i testi finali che saranno emanati non restino lettera morta, ma si trasformino in azioni concrete.
Forse non è proprio uno dei primi pensieri che viene alla mente quando si ragiona di pagamenti cross-border mantenendo lo sguardo da primo mondo, ma in un’ottica globale è fondamentale che le procedure messe a punto possano valere per qualunque cittadino del mondo, dovunque si trovi. Si tratta di un tema per nulla banale, perché i paesi differiscono notevolmente in termini di capacità di implementazione dei servizi, di infrastrutture esistenti e pure nel grado di sviluppo del sistema finanziario.
Peraltro, paesi diversi significano anche cittadini con una diversa abitudine di utilizzo del digitale, e di conseguenza aziende con necessità peculiari. È necessario tenere conto di tutte queste diversità, così come che abilitare pagamenti transfrontalieri può significare anche realizzare sistemi di identità digitale, politiche di inclusione finanziaria e una serie di progetti pilota per capire come effettivamente ciascuna soluzione possa essere implementata. Non basta, insomma, decidere di farlo.
Abilitare un sistema di pagamento cross-border, magari con l’ausilio di una valuta digitale affidabile, certificata e semplice da utilizzare, potrebbe generare un domino di conseguenze. Per esempio, in parallelo al miglioramento dei pagamenti nazionali e transfrontalieri si potrebbe indurre i cittadini di alcuni paesi a rinunciare alla loro valuta nazionale, soprattutto dove l’inflazione è alta e il tasso di cambio volatile.
Il Fondo Monetario Internazionale su questo punto è andato oltre. In un documento ha elencato altre possibili conseguenze collaterali, come il fatto che la compresenza massiccia di una valuta digitale possa mandare in tilt i sistemi bancari nazionali, o determinare una volatilità degli indici finanziari dovuta all’afflusso imprevedibile di capitali dall’estero o verso l’estero. E ancora, il meccanismo semplificato dei pagamenti internazionali potrebbe permettere di aggirare dei vincoli imposti dalle politiche monetarie dei singoli stati.
Affinché un pagamento possa andare dal paese A al paese B in tempo reale, è necessario che i sistemi di gestione finanziaria di A e di B siano attivi contemporaneamente. Ciò significa che i paesi dovranno estendere l’orario di operatività per adeguarsi ai fusi orari, e che in parallelo dovranno trovare una sinergia di standard tecnologici, di progettazione, legali e normativi. In questo caso il ruolo delle iniziative di cooperazione internazionale sarà essenziale, ma i singoli paesi dovranno comunque accettare piccoli sacrifici e complicazioni operative.
Al di là del coordinamento tra paesi inteso come accordo politico, sono numerosissimi gli attori nazionali e internazionali che devono essere interpellati per completare il balzo hi-tech dei pagamenti. Si tratta di banche centrali, istituti regolatori, Ministeri delle finanze, agenzie antitrust, autorità per la protezione dei dati e organizzazioni internazionali di varia natura. La relazione già stilata del Financial Stability Board è stata esemplare a questo riguardo.
Altrettanto importante è che il settore pubblico e quello privato inizino a cooperare, riconoscendo i reciproci punti di forza. Le aziende private sono più efficaci nell’innovare e nell’interagire con gli utenti, mentre il settore pubblico è più avvezzo a regolamentare, supervisionare e garantire stabilità e fiducia. È verosimile che una soluzione sinergica pubblico-privata sia l’unica possibile via d’azione.