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Con un aumento esponenziale delle minacce informatiche il mondo intero appare sotto scacco dei cyber criminali. L’evoluzione degli attacchi mostra la necessità di più cospicui investimenti in materia di sicurezza
Tra le modalità emerge un aumento dell’85 per cento dell’utilizzo di phishing e social engineering, dell’86 per cento la diffusione di malware (tra i quali spiccano ZeroAccess e Nivdort). Il 27 per cento degli attacchi malevoli è avvenuto nel primo semestre dell’anno attraverso l’impiego di ransomware, tra i quali si sono distinti i temibili Wannacry e NotPetya).
Al primo posto per target vi sono le strutture governative, vittime di attacchi nel 19 per cento dei casi. Esponenziale è la crescita di attacchi contro centri di ricerca ed educazione, che registrano un balzo addirittura del 138 per cento), seppur l’aumento più importante (+253 per cento) riguardi i “multiple targets”, evidenziando quindi una pratica di attacco più diffusa. Sparare sul mucchio sembra essere una strategia che evidentemente funziona.
Dal punto di vista geografico il nostro continente è il secondo bersaglio prediletto per gli attacchi, con una percentuale che è passata dal 16 per cento al 19 per cento. L’Asia che partiva dalla stessa percentuale iniziale ha visto calare gli attacchi al 10 per cento, calo registrato anche negli USA che passano dal 55 per cento al 47 per cento. In tema di sicurezza è quindi evidente che c’è ancora molto da fare, specialmente per le organizzazioni finance (come testimonia il recente caso Unicredit o gli attacchi agli ATM da remoto), per le quali soluzioni di fraud detection e account take over, l’autenticazione a fattori multipli e meccanismi di notifica in tempo reale per gli utenti dovrebbero diventare il pane quotidiano. Crescenti attenzioni dovrebbero essere poste anche dalla PA, oggetto di un profondo rinnovamento digitale dove la sicurezza non può essere messa al secondo posto.