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Il settore biofarmaceutico sta attraversando un periodo di innovazione senza precedenti. L’anno scorso l’autorità statunitense Food and Drug Administration (Fda) ha approvato 59 nuovi farmaci, stabilendo il record di sempre. Un trend in salita che tra il 2014 al 2018 ha visto il via libera a 213 nuovi farmaci, il 49% in più rispetto al quinquennio precedente. Immunoncologia, terapia cellulare e genetica le aree più promettenti. A fare il punto sulle potenzialità dell’innovazione nel settore sanitario – che insieme all’economia digitale è quello a più alto tasso di “disruption” – è l’outlook di metà anno di Janus Henderson Investors, focalizzato sui temi che potrebbero dominare i mercati nella seconda parte del 2019. «Si tratta di una rivoluzione sempre più spesso guidata da società di piccole e medie dimensioni – spiega Andy Acker, Portfolio Manager, Janus Henderson Global Life Sciences – e questo fenomeno ha innescato un aumento delle operazioni di fusione e acquisizione. Da inizio anno sono stati annunciati accordi biotecnologici e farmaceutici per un valore superiore a 51 miliardi di dollari, più della metà del totale del 2018».
Quanto durerà questo trend?
Negli ultimi due anni, sono stati approvati oltre 100 nuovi medicinali, e questi prodotti, ancora nella fase iniziale di lancio, potrebbero sostenere la crescita del settore per gli anni futuri. L’innovazione sembra destinata a proseguire. Nei prossimi mesi si attende la pubblicazione di alcuni studi fondamentali sulle immunoterapie tumorali e nel segmento medtech stanno emergendo nuove tecnologie, come i sistemi di monitoraggio continuo del glucosio e gli interventi chirurgici con robot. La Fda stima che entro il 2025 approverà 10-20 nuove terapie cellulari o genetiche all’anno.
Quali fusioni e acquisizioni determineranno i cambiamenti di mercato più significativi?
Recentemente, AbbVie ha annunciato che avrebbe acquisito Allergan per 63 miliardi di dollari, e a gennaio Bristol-Myers Squibb ha dichiarato che avrebbe acquistato Celgene per 74 miliardi di dollari. Molte operazioni vengono concluse con premi significativi e rappresentano sforzi da parte delle aziende per migliorare il free cash flow e diversificare lo sviluppo di prodotti. A nostro parere, rimangono molteplici fattori favorevoli al perdurare dell’attività di fusioni e acquisizioni, come i tassi di interesse bassi, le valutazioni interessanti, e il bisogno delle aziende a elevata capitalizzazione del settore farmaceutico e delle biotecnologie di diversificare, anche rispetto allo scoglio dei brevetti.
In che modo la volatilità delle azioni delle società biotech influiscono sulla ricerca medica?
La ricerca dimostra che il 90% dei farmaci che vengono sottoposti a sperimentazioni cliniche su esseri umani non arrivano mai sul mercato. Tuttavia, malgrado queste scarse probabilità – e la conseguente volatilità dei titoli biotech – la ricerca medica non ha rallentato. Anzi, secondo Deloitte, la spesa in R&S delle aziende del settore farmaceutico e biotech salirà nel 2019 a 177 miliardi di dollari, rispetto ai 171 miliardi di dollari dell’anno precedente. Un elemento importante è che riteniamo che parte del miglior valore creato dalla R&S di oggi si possa trovare tra le piccole-medie imprese del biotech e anche tra società a ristretta base azionaria. Queste aziende sono tendenzialmente all’avanguardia.
L’evoluzione dei sistemi sanitari verso un accesso più equo alle cure, si pensi per esempio al dibattito negli Usa, come influenza il settore?
L’accesso a un prezzo abbordabile alle cure mediche è importante per l’insieme del settore sanitario. Con l’invecchiamento della popolazione in molte parti del mondo, trovare un equilibrio tra accesso e costi sarà probabilmente una sfida per i sistemi sanitari e potrebbe determinare una volatilità nel breve periodo. L’aumento dei costi ha tuttavia spinto il settore pubblico e privato a cercare di migliorare le efficienze, abbassare i costi di sviluppo dei farmaci, incrementare la concorrenza e comprovare il valore.
E per i pazienti quali sono i benefici?
L’Fda, per esempio, ha creato per le aziende nuovi percorsi per ottenere l’approvazione normativa e introdurre più rapidamente i prodotti sul mercato. Così le imprese sono incentivate a focalizzarsi su nuove terapie veramente innovative, il che in teoria porta a una maggior concorrenza e a cure migliori per i pazienti, con potenziali premi per le aziende di successo.
L’approvazione di nuovi farmaci accelera ma la pressione sui prezzi in ogni caso aumenta. Come si può mirare alla sostenibilità dei medicinali innovativi?
L’aumento dei costi dei farmaci rimane un nodo centrale a livello internazionale, ed è uno dei motivi per investire in aziende i cui prodotti aggiungono valore a lungo termine al sistema sanitario e migliorano la vita dei pazienti con esigenze mediche importanti e insoddisfatte. Secondo noi, le imprese focalizzate su questi obiettivi hanno maggiori possibilità di ottenere il rimborso. E se il prezzo iniziale di alcune terapie sembrerà elevato, nel lungo periodo potrebbero ridurre i costi.
Che ruolo hanno i farmaci fuori brevetto?
I farmaci innovativi possono essere finanziati con quelli più vecchi che devono confrontarsi con la concorrenza dei generici o biosimilari, generando notevoli risparmi per i sistemi sanitari. Negli Usa, quasi il 90% del volume delle prescrizioni è per farmaci generici, e la spessa totale per i medicinali in percentuale della spesa per la sanità è rimasta negli ultimi 30 anni entro una forbice ristretta (generalmente 10-15%), malgrado le innovazioni rivoluzionarie. La concorrenza può anche spingere i prezzi al ribasso, come nel caso delle nuove terapie per l’epatite C, che hanno attualmente prezzi inferiori del 75% circa rispetto a quando sono state introdotte cinque anni.