BUSINESS CLASS BY AMERICAN EXPRESS

Approfondimenti e spunti per far crescere il tuo business.

Uno scudo per proteggersi dal rischio fiscale

Finanza e Pagamenti

22 Ottobre 2020

American Express

Una lealtà che non è a senso unico: a fronte dell’impegno documentato dell’impresa, di essere in linea con le indicazioni dell’amministrazione finanziaria, quest’ultima si impegna a un percorso di semplificazioni, riduzioni di sanzioni ed a offrire un rapporto privilegiato di dialogo con il contribuente/impresa. Quindi dal lato imprese conformità ai comportamenti tributari e adempimento spontaneo degli obblighi, ottenendo, al termine del percorso, una sorta di salvacondotto che protegge anche ai fini di accertamenti di carattere penale tributario, in quanto ormai anche i reati tributari sono stati inseriti nello schema del decreto 231/01, meglio noto come responsabilità amministrativa d’impresa.
Al momento l’istituto dell’adempimento collaborativo, cooperative compliance è tagliato su misura di imprese con determinati requisiti dimensionali anche se più volte è stata ventilata l’intenzione di estendere alle imprese di medie dimensioni le misure, partendo proprio dall’estensione, dovuta al recepimento di direttive comunitarie, dei reati fiscali nell’ambito della responsabilità amministrativa di impresa.
 
Adempimento collaborativo.
L’istituto è stato introdotto nel 2015, con il decreto legislativo 128/2015, “Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, in attuazione degli articoli 5, 6 e 8, comma 2, della legge 11 marzo 2014, n. 23
Non è un regime per tutti. Come detto in precedenza, possono aderirvi i soggetti residenti e non residenti (con stabile organizzazione in Italia) che realizzano un volume di affari o di ricavi non inferiore a dieci miliardi di euro; i soggetti residenti e non residenti (con stabile organizzazione in Italia) che realizzano un volume di affari o di ricavi non inferiore a un miliardo di euro e che abbiano presentato istanza di adesione al Progetto pilota sul Regime di Adempimento Collaborativo; e le imprese che intendono dare esecuzione alla risposta dell’Agenzia delle Entrate, fornita a seguito di istanza di interpello sui nuovi investimenti indipendentemente dal volume di affari o di ricavi. Attualmente, secondo i dati riportati dall’Agenzia delle entrate sul proprio sito sono 41 le realtà industriali ammesse al regime di adempimento collaborativo con l’Agenzia.
Con il decreto del 30 marzo 2020 il legislatore ha compiuto un passo in avanti abbassando la soglia delle realtà ammesse dai 10 miliardi di ricavi ai 5 miliardi di euro.
 
Oltre il requisito dimensionale, le imprese siglano il patto fiscale al termine di un percorso piuttosto lungo che le vede dotarsi di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inteso quale rischio di operare in violazione di norme di natura fiscale o in contrasto con i principi o con le finalità dell’ordinamento tributario.
 
Cosa attesta il compimento di questo percorso di compliance fiscale?
Il dotarsi di un tax control framework, modello di rischio fiscale. L’Agenzia al riguardo puntualizza che: “I soggetti che intendono aderire al regime di adempimento collaborativo devono essere in possesso, alla data di presentazione della domanda, di un efficace sistema di controllo del rischio fiscale inserito nel contesto del sistema di governo aziendale e di controllo interno (Tax Control Framework – si veda il documento OCSE 2013 – Cooperative Compliance – A Framework ). Il sistema è efficace quando è in grado di garantire all’impresa un presidio costante sui rischi fiscali. A tali fini, il sistema deve presentare (si veda il documento OCSE 2016 – Building Better Tax Control Framework i seguenti requisiti essenziali: Strategia fiscale, Ruoli e responsabilità, Procedure, Monitoraggio, Adattabilità al contesto interno ed esterno, Relazione agli organi di gestione”.
A fronte di questo corposo impegno, ci sono i cosiddetti aspetti premiali che prevedono innanzitutto un dialogo costante e preventivo con l’Agenzia, con la possibilità di valutare le situazioni di rischio fiscale prima della presentazione della dichiarazione dei redditi. Nel caso in cui l’azienda presenti un interpello preventivo l’Agenzia delle entrate, ad esempio, si impegna a rispondere entro 45 giorni dal ricevimento dell’istanza. In caso di contestazione di violazioni, le sanzioni applicate sono ridotte alla metà, con la sospensione della riscossione fintanto che l’accertamento non risulti definitivo. C’è poi l’esonero dal presentare le garanzie per l’ottenimento dei rimborsi delle imposte dirette e indirette.
 
 
Evoluzioni 
Se, si è detto il regime di cooperative compliance non è un regime per tutti per le soglie elevate all’ingresso, il recepimento delle normative europee degli ultimi anni, e quelle in arrivo, pongono una questione rischio fiscale anche per le imprese di medie e piccole dimensione. La gestione del rischio fiscale diventa, insomma, un filo rosso nella preparazione di modelli del rischio anche di aziende di dimensioni più contenute.
Nel 2019, il decreto-legge 124 ha introdotto, nell’elenco dei reati 231, i reati tributari come reati presupposti della responsabilità amministrativa degli enti. E dunque, solo un modello organizzativo e gestione del rischio fiscale, di cui l’azienda si sia dotata, prima della commissione del fatto, può essere utilizzato da salvacondotto e far ottenere l’esenzione dalla responsabilità che dovesse essere contestata in capo all’ente.
 
Il rischio fiscale diventa, dunque, policy aziendale da attuare in vista di qualsiasi tipo di accertamento fiscale. L’ente, infine, è nel mirino dell’amministrazione anche in caso di frode che possa ledere gli interessi finanziari dell’Unione Europea.
 
Ultima in ordine di tempo, la direttiva 2017/1371, chiamata PIF, recepita anche in Italia, che prevede oltre alle sanzioni amministrative anche sanzioni come l’esclusione dal godimento di un beneficio o di un aiuto pubblico, l’esclusione temporanea o permanente da gare pubbliche, l’eventuale assoggettamento a sorveglianza giudiziaria, l’applicazione di provvedimenti giudiziari di scioglimento e la chiusura temporanea o permanente delle attività commerciali usate per commettere il reato, sanzioni che si aggiungono a quelle che potrebbero essere comminate all’amministratore delegato della società. Tutto ciò per dare contezza del perimetro in cui anche la società è chiamata a muoversi nei confronti di un rischio fiscale sempre più ampiamente inteso.

ARTICOLI CORRELATI

Che cos'è la gestione del capitale circolante? 5 consigli per il tuo business
Finanza e Pagamenti
Che cos’è la gestione del capitale circolante? 5 consigli per il tuo business

Ecco come le piccole imprese possono impostare una strategia di gestione del capitale circolante per aiutare l’azienda a crescere. Rendere la propria azienda redditizia è …

#gestione del capitale circolante #previsionale sul flusso di cassa #Strategia di crescita per le PMI
7 modi per incrementare il profitto
Finanza e Pagamenti
7 modi per aumentare i profitti di un’azienda

Ecco i consigli di esperti e imprenditori che, grazie ad alcune tattiche, sono riusciti a far aumentare la redditività e i margini di profitto. Gestire …

#migliorare la redditività #strategia di prezzo #strategie per incrementare il profitto
Utile operativo ecco come calcolarlo
Finanza e Pagamenti
Utile operativo: ecco come calcolarlo

L’utile operativo si ottiene applicando una semplice formula, ed è necessario per valutare il risultato della gestione operativa di un’azienda. Il calcolo dell’utile operativo  – …

#monitoraggio dei costi operativi #redditività aziendale #utile operativo
1 2 3 4 52