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Web tax al 3 per cento indeducibile dall’Ires

Finanza e Pagamenti

30 Gennaio 2019

American Express

Colpirà pubblicità online, commercio elettronico e trasmissione di dati. Presupposti: 750 milioni di ricavi e 5,5 milioni da servizi digitali in Italia
Pubblicità online, intermediazione e trasmissione di dati. La legge di Bilancio 2019 introduce un’imposta destinata a colpire questi servizi digitali. I presupposti di applicazione del tributo si articolano sul piano soggettivo, oggettivo e «territoriale». Per quanto riguarda le disposizioni di attuazione e le modalità applicative, la legge rinvia rispettivamente a un decreto di attuazione del Mef (entro quattro mesi) e a un provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate.
L’imposta sui servizi digitali rimpiazza la (mai attuata) imposta sulle transazioni digitali e rispecchia i lavori della Commissione europea confluiti nella proposta di direttiva del 21 marzo 2018 (COM(2018) 148), al momento in fase di stallo. Sotto il profilo soggettivo, la prima condizione è individuata nell’esercizio dell’attività d’impresa. È poi necessario il superamento, nel corso dell’anno solare, di una doppia soglia di ricavi. In particolare, l’ammontare complessivo dei ricavi realizzati non deve essere inferiore a 750 milioni di euro e il totale dei ricavi derivanti da «servizi digitali» realizzati nel territorio dello Stato non deve essere inferiore a 5,5 milioni. Il superamento delle soglie rileva singolarmente o a livello di gruppo. Se i requisiti sono soddisfatti, l’imposta colpisce sia le imprese non residenti che le residenti in Italia e indipendentemente dalla natura dei committenti (sono tassabili sia i ricavi da prestazioni B2B che B2C).
I servizi digitali tassabili si dividono in tre tipologie. La prima comprende la veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità. La seconda riguarda la messa a disposizione di un’interfaccia digitale che consenta agli utenti di mettersi in contatto e interagire tra loro, anche al fine di facilitare lo scambio diretto fra utenti di beni e servizi (servizi d’intermediazione della cosiddetta sharing economy). La terza include la trasmissione di dati raccolti dagli utenti di un’interfaccia digitale generati a seguito del loro utilizzo.
L’individuazione specifica dei servizi è cruciale, limitandosi la legge solo a definire macro-tipologie. Occorrerà attendere il Dm per un quadro più chiaro. Va segnalato – poiché è in questa direzione che potrebbe andare il decreto – che la proposta di direttiva della Commissione esclude i casi in cui l’entità che mette a disposizione l’interfaccia fornisca direttamente agli utenti contenuti digitali, anche qualora la piattaforma consenta comunque l’interazione tra gli utenti (si pensi a una piattaforma che fornisca l’accesso a un videogioco permettendo l’interazione tra i giocatori).
La proposta europea esclude, inoltre, le piattaforme che consentono servizi di pagamento (ad esempio, nel caso dell’e-commerce indiretto, quando la piattaforma abiliti l’utente a concludere un contratto di vendita a distanza), nonché i servizi forniti dalle sedi di negoziazione e dagli internalizzatori sistematici e i servizi di prestito e investimento forniti dalle piattaforme di crowdfunding soggette ad autorizzazione e vigilanza.
La base imponibile dell’imposta è rappresentata dai soli ricavi derivanti dalla fornitura di servizi digitali «localizzati» nel territorio dello Stato. I ricavi sono assunti al lordo dei costi e al netto dell’Iva e delle altre imposte indirette. Non sono tassati i ricavi derivanti da servizi prestati a favore di società del gruppo (controllanti, controllate o soggette a controllo comune). L’imposta prevede un’aliquota del 3% applicata su base trimestrale. Il versamento deve avvenire entro il mese successivo al trimestre di riferimento.
È previsto l’obbligo di presentazione di una dichiarazione entro il quarto mese successivo alla chiusura del periodo d’imposta. Nel caso di più società tenute al versamento dell’imposta appartenenti al medesimo gruppo, la legge prevede la possibilità di designare una sola società per l’assolvimento degli adempimenti. L’imposta, che colpisce i ricavi, ha natura indiretta, non è deducibile dall’Ires ed è un aggravio per il mondo digitale, non solo per i giganti del web, ma anche per le Pmi e gli utenti che potrebbero vedersi ribaltato questo extra costo.

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